A causa della Legge di Bilancio potrebbero cambiare gli importi delle buste paga per alcuni lavoratori. Vediamo di chi si tratta.
Se da un lato ci sono degli aumenti in busta paga, dall’altro ci potrebbero essere dei tagli in virtù del cuneo fiscale.
Busta paga: come cambiano gli importi nel 2023
La Legge di Bilancio è entrata in vigore a partire dal primo gennaio di quest’anno. Proprio in virtù delle novità introdotte da questa legge, ci saranno delle novità in busta paga che potrebbero favorire o svantaggiare alcune categorie di lavoratori.
Il taglio che era stato introdotto dal governo Draghi, in realtà, continuerà ad essere attivo e riguarda la quota dei contributi previdenziali previsti per invalidi, anziani e superstiti di guerra. Si tratta di un modo per far sì che vengano ridotti i contributi sia sulle tasse che sui contributi sulle buste paga di chi lavora alle dipendenze. La busta paga, per il 2023, però, sarà leggermente più importante sin dal mese scorso.
Cuneo fiscale 2023: le novità
I lievi aumenti in busta paga sono dovuti allo sgravio fiscale. Gli aumenti sono stati riconosciuti sin dal 1 gennaio 2023 e continueranno fino alla fine dell’anno, al 31 dicembre 2023. Gli aumenti in busta paga spetteranno a tutti coloro che hanno un contratto di lavoro subordinato. Fanno eccezione, però, i lavoratori domestici.
Ogni lavoratore avrà delle differenze in busta paga che dipendono dalla retribuzione imponibile, considerata su tredici mesi. Ad esempio, se si dovessero guadagnare 2692 euro al mese, la riduzione sarà pari al 2%. Se, invece, la retribuzione mensile è di 1923 euro, allora la riduzione sarà del 3%.
La decontribuzione, dunque, è pari al 3% fino a 25000 euro. E’ facile intuire come chi ha una retribuzione annua lorda pari a 12500 euro vedrà un aumento mensile pari a 24,06 euro. L’aumento annuo, invece, sarà di 288,75 euro.
Progressivamente, chi ha uno stipendio annuale complessivo, pari a 15000 euro, avrà un aumento in busta paga, ogni mese, pari a 28,88 euro, per un aumento totale annuo pari a 346,50 euro.
Gli stipendi compresi tra 25001 e 35000 euro lordi annui, vedranno una decontribuzione pari al 2%. Ad esempio, chi percepisce in un anno 27500 euro di stipendi, vedrà un aumento mensile pari a 30,18 euro, per un totale, in un anno, di 362,15.
L’Inps, attraverso una circolare, ha fatto dei chiarimenti, specificando quali sono le soglie retributive, ovvero le soglie di imponibile previdenziale che sono state individuate dalla norma come tetto massimo in un mese che possono incidere sullo stabilimento della sua entità.
Nella nota c’è scritto che se la retribuzione imponibile supera 2692 euro al mese:
“non spetterà alcuna riduzione della quota a carico del lavoratore”.
Ciò significa che se il lavoratore in un mese prende in busta paga:
“una retribuzione di importo superiore a 2.692 euro lordi, per quel mese non avrà diritto al beneficio”.