La Social Academy sviluppata su Facebook e su Twitter con il supporto di esperti del settore nasce per guidare e fornire indicazioni e istruzioni per utilizzare al meglio le potenzialità di web e social media sia per raccontare che per gestire il diabete. Le comunità digitali sono infatti luoghi importanti dove ascoltare, confrontarsi, dialogare e condividere anche la patologia. Un dato interessante si riferisce proprio al fatto che il diabete è stato fra le patologie più digitate su Google nel 2017. Barbara Sgarzi, docente di Social Media all’Università Sissa di Trieste ha commentato il dato: “I pazienti hanno cercato informazioni e condiviso esperienze sia sul motore di ricerca (65%) che sui social media (42%). Sarebbe un’occasione persa non fornire loro gli strumenti per utilizzare al meglio questi canali e mettere in comune le informazioni, con beneficio di tutti”.
La Social Academy è pensata proprio per aiutare l’intera comunità del diabete a orientarsi meglio tra gli strumenti digitali. Con un occhio di riguardo alle sfide che le persone con diabete affrontano quotidianamente nel gestire la loro condizione di cronicità. Le novità sono state presentate in occasione dell’evento #MeetSanofi ‘Gli eroi del quotidiano’.
“La maggiore sfida per le persone con diabete è conviverci ogni giorno, cercando di vivere in modo normale, senza grosse rinunce e difficoltà dal punto di vista professionale e delle relazioni”, spiega Concetta Suraci, presidente di Diabete Italia. E l’ascolto della comunità delle persone con diabete rappresenta certamente un prezioso strumento per metterne in luce i reali bisogni, spesso non adeguatamente valorizzati, e per sviluppare soluzioni sempre più efficaci per il controllo della loro patologia.
“In rete e sui social media le persone con diabete si confrontano sistematicamente perché in blog e community dedicate trovano la possibilità di condividere esperienze e aggiornamenti sulla propria condizione di cronicità e sulle terapie disponibili. Ma i social possono essere un’arma a doppio taglio perché consentono la circolazione di informazioni scorrette e pertanto pericolose. È necessario, quindi, che sia le persone con diabete sia gli operatori sanitari siano educati a un corretto utilizzo affinché rappresentino un reale valore aggiunto per la nostra comunità”.
L’evento è stato anche occasione per far il punto su Suliqua* (iGlarLixi), la nuova combinazione a rapporto fisso sviluppata da Sanofi per l’intensificazione della terapia nel diabete di tipo 2, oggi disponibile nel nostro Paese, oltre a Lantus* (insulina Glargine U100) combinato, in una nuova formulazione, con l’agonista del recettore del Glp-1 Lixisenatide.
Francesco Giorgino, ordinario di Endocrinologia e Malattie del metabolismo all’Università di Bari Aldo Moro spiega i vantaggi della nuova terapia: “Il dover ricorrere alla somministrazione di più farmaci nel corso della giornata e la cronicità della malattia riducono in maniera significativa l’aderenza delle persone con diabete alle terapie prescritte”, ma “Grazie alla singola iniezione quotidiana, questo farmaco viene incontro proprio alla necessità di migliorare l’aderenza del paziente e fa in modo che la terapia sia assunta con maggiore regolarità, risultando quindi più efficace”.
Al proposito, gli studi condotti finora sul farmaco hanno riportato una maggiore efficacia nel ridurre l’emoglobina glicata rispetto a quella garantita singolarmente dalle due componenti. La combinazione ha dimostrato di contenere l’aumento del peso che si osserva, invece, nella terapia insulinica da sola e di evitare un incremento degli episodi ipoglicemici, aspetti che hanno un percepito particolarmente negativo nei pazienti e che spesso possono condizionare l’abbandono della terapia. “Rispetto ad altre soluzioni terapeutiche, Suliqua sfrutta la capacità di Lixisenatide di avere un effetto di controllo importante delle escursioni glicemiche che si verificano in occasione dei pasti. La nuova formulazione, quindi, rappresenta un’arma terapeutica in più per intensificare il trattamento, laddove la sola insulina basale non riesce a controllare la glicemia”, conclude Giorgino.
In collaborazione con AdnKronos