Ha 9 anni il figlio del pm di una Direzione distrettuale antimafia siciliana, da tempo in lotta contro le cosche. E’ solo un ragazzino e deve girare con la scorta, non solo lui ma anche la sorellina. Queste le parole del boss mafioso che voleva accreditarsi come pentito per evitare un nuovo arresto, ma è stato sgominato dal pm: «Si deve fare, chiunque c’è con lui e se c’è il figlio maschio meglio. Mancu la semenza ave a ristari (neanche il seme deve rimanere, ndr)». Scorta armata e zona rimozione antibomba anche davanti all’abitazione e nei pressi degli edifici frequentati dalla famiglia, che ormai può vivere solo “blindata”.
Il boss colpevole delle minacce è riuscito a rifugiarsi come collaboratore di giustizia per pochi i mesi, durante i quali avrebbe continuato a gestire i suoi traffici e ad organizzare la faida ai danni del nipote che aveva preso il suo posto. Il suo piano è stato però sventato proprio dal pm di cui stiamo parlando, che lo ha rispedito in carcere e da lì il boss mafioso ha cominciato a meditare vendetta, un piano che è venuto a galla grazie alle confessioni di un fidato collaboratore di giustizia, compagno di cella per un breve periodo.
In puro stile mafioso, l’imputato non era nuovo a minacce di morte nei confronti di innocenti: una volta tornato nella sua città natale dopo aver abbandonato il suo rifugio di collaboratore, per cacciare di casa la ex moglie e le due figlie aveva usato queste parole: «Andatevene o vi scanno come agnelli».
Nella città dove abita il pm e la sua famiglia, la vicenda era sconosciuta finora. E’ venuto tutto a galla quando durante il processo in cui è imputato il boss, il procuratore si è presentato in aula comunicando che il suo sostituto non avrebbe più seguito il caso, in quanto vittima di minacce da parte di uno degli imputati. Ovviamente il boss ha negato tutto, persino le dichiarazioni del suo ex compagno di cella, giustificandosi così al suo avvocato: «Quello era in cella con me ma è tossicodipendente e io con certa gente non ci parlo». Da ora in poi ci penseranno le Forze dell’Ordine e la Anm, l’Associazione Nazionale Magistrati, a tutelare il pm e la sua famiglia, costretti purtroppo a vivere una vita a metà.