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Sport

A che punto siamo con il boicottaggio dei Mondiali in Qatar

Manca poco più di un mese alla gara inaugurale dei primi Mondiali invernali della storia del calcio. I primi a scendere in campo saranno i padroni di casa del Qatar contro l’Ecuador il 20 novembre nello stadio Al-Bayt ad Al Khor – cittadina nel nord-est della penisola del Golfo Persico -, uno dei tanti impianti che sono stati costruiti proprio in occasione del massimo torneo targato Fifa.

L’orologio che scandisce il tempo rimanente per l’inizio dei Mondiali in Qatar – Nanopress.it

Quegli stessi impianti che hanno creato diversi problemi sia alla federazione, sia al Qatar, ma soprattutto alle migliaia di lavoratori, per lo più immigrati bangladesi, che hanno perso la vita per metterli in piedi. Ed è proprio qui che sono nati i malumori di alcuni calciatori, di sponsor, dei tifosi, anche di federazioni nazionali, che se non possono boicottare del tutto i Mondiali, quantomeno vorrebbero che avessero meno visibilità possibile.

Perché si vogliono (e si dovrebbero) boicottare i Mondiali in Qatar

Quando si pensa ai Mondiali in Qatar, che inizieranno il 20 novembre e si concluderanno il 18 dicembre, vicini vicini a Natale, la prima sensazione che proviamo, come italiani, è il rammarico per l’occasione persa. Come in Russia nel 2018, e in Svezia nel 1958, la nostra Nazionale non ci sarà.

L’Italia dopo la sconfitta contro la Macedonia del Nord – Nanopress.it

E anche se questa sentenza ci fa compagnia dal 24 marzo, quando gli azzurri di Roberto Mancini hanno perso contro la Macedonia del Nord a Palermo la prima delle due partite dei playoff, la ferita ancora non si è rimarginata.

Non è però questo il momento per fare una disamina di una sconfitta lontana, che è già stata fatta ampiamente a suo tempo e che verrà riproposta non appena verrà fischiato il calcio di inizio di quello che si candida a essere uno dei campionati del mondo più criticato di sempre e che, sì, potrebbe scalzare anche quello che, nel 1978, si giocò in Argentina.

Rispetto al Mundial vinto dall’Albiceleste – quello in cui la Tripla Junta militare si presentava allo stadio mentre dava ordine di fare sparire i dissidenti del regime buttandoli in mare o chissà dove o, ancora, in cui innocenti bambini venivano strappati alle madri -, l’organizzazione del torneo internazionale al Qatar, da parte della Fifa, è stata affidata con la consapevolezza che lo Stato arabo era all’ora, nel 2010, ed è tuttora una monarchia assoluta. In cui i diritti umani valgono meno di zero, mentre i soldi sì, quelli sono fondamentali.

E a poco più di un mese dall’inizio, non ci si deve scordare che per costruire gli immensi stadi in mezzo al deserto – che rimarranno vuoti fino a quando non si faranno accordi per andarci a giocare finali di Coppa Italia o Copa del Rey o chi per loro – sono morti più di 6500 bangladesi, nel silenzio connivente anche di Gianni Infantino, il presidente della federazione. Ma non quello di Amnesty International, che invece si è spesa per informare e lanciare un appello, appunto, per il boicottaggio dei primi Mondiali invernali di sempre.

Danimarca e Francia sono le nazioni più attive nel boicottaggio dei Mondiali

E quel grido spezzato dei lavoratori migranti in parte è stato accolto. Dalla Norvegia in primis, fuori come l’Italia dai Mondiali, che durante le partite di qualificazione è scesa in campo con la maglietta “Human Rights, on e off the pitch“, diritti umani dentro e fuori del campo. E in cui si è discusso di quanto fosse prudente, effettivamente, andarci se ci si fosse qualificati.

Ma non ci sono stati solo loro. C’è anche la Danimarca, prima con la scelta dello sponsor Hummel di evitare loghi e dettagli vistosi e di fare una terza maglia nera in segno di lutto, poi con la presa di posizione della DBU, la federazione di calcio danese, di non recarsi in massa in Qatar.

Non vogliamo contribuire a ulteriori guadagni. Pertanto abbiamo ridotto al massimo possibile le nostre attività di viaggio verso il paese“, ha detto Ekstra Bladet, il direttore della comunicazione della federazione. Non saranno solo i dirigenti a boicottare il torneo, però, anche le mogli dei calciatori e dell’allenatore non voleranno nel Golfo Persico per vedere giocare i loro mariti.

Decisione simile a quella di Philipp Lahm, ex capitano della nazionale tedesca che ha vinto il Mondiale del 2014. “Non farò parte della delegazione e non ho intenzione di fare la trasferta da tifoso. Preferisco stare a casa. I diritti umani devono avere un ruolo. Un ruolo maggiore nell’assegnazione delle manifestazioni – ha spiegato -. Non dovrebbe succedere di nuovo in futuro. I diritti umani, le dimensioni del Paese… tutto questo, a quanto pare, non è stato preso in considerazione. E i giocatori non possono fare finta di non saperlo“.

In Francia, invece, i sindaci di molte città hanno deciso di non installare maxischermi nelle piazze per non dare ulteriore visibilità ai “Mondiali della vergogna”. Lo chiamano il “boicottaggio dei maxischermi“, e parteciperà anche Parigi, la stessa capitale in cui la squadra principale, il PSG, è di proprietà di un qatariota, Nasser Al Khelaifi.

Qualcuno, scherzosamente, sui social, quando l’Italia è stata eliminata dai macedoni, aveva visto un lato positivo: avere boicottato un’edizione dei campionati del mondo in cui in troppi hanno perso la vita…per il pallone, e per il denaro.

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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