In questo periodo non si fa altro che parlare di quota 103, una riforma pensionistica introdotta dal governo Meloni.
Grazie a quota 103, fino al 31 dicembre del 2023 si potrà andare in pensione dopo aver raggiunto 62 anni di età e ottenuto 41 anni di contributi.
Con la nuova legge di Bilancio del 2023, il governo Meloni ha aggiunto anche una modifica molto importante se si fa il confronto con quota 102. Infatti, coloro che accedono a quota 103, non potranno ottenere una pensione più alta di 5 volte il trattamento minimo e quindi la pensione non potrà andare oltre i 2.818 euro al mese. Inoltre un assegno pensionistico non potrà fare cumulo con altri redditi di lavoro tranne che con quelli di lavoro autonomo che prevedono una cifra massima di 5.000 euro. Inoltre il governo aveva intenzione anche di eliminare quota 103 a fine anno per aggiungere poi quota 41 anche se pare che non vi sono fondi e che nemmeno per il 2025 questa riforma verrà introdotta.
In ogni caso però, entro la stagione autunnale, si studierà una nuova legge di bilancio in cui si tornerà ancora una volta sul tema delle pensioni così da non fare un passo indietro e non utilizzare più la legge Fornero. Una delle ipotesi più accreditata è quella che anche per il 2024 venga prorogata quota 103.
Prima di scoprire quindi quale sarà il futuro di quota 103, vediamo insieme chi ha diritto di accedervi e quali sono i requisiti da rispettare. Il primo riguarda l’età anagrafica in quanto il soggetto in questione non deve avere meno di 62 anni. Inoltre, un altro requisito importante è quello di avere accumulato 41 anni di contributi. Le domande in questione possono essere fatte attraverso il modulo che si trova sul sito dell’Inps.
La pensione con quota 103 risulta essere disponibile dopo che sono trascorsi tre mesi da quando si è riusciti a raggiungere i requisiti. Un periodo che raddoppia per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni i quali dovranno aspettare fino a sei mesi anche se non possono ottenerla prima di agosto. Inoltre, nel corso del periodo tra la data di ricorrenza della pensione anticipata flessibile e da quando si ottengono i requisiti, non si avrà la possibilità di unire la pensione con i redditi da lavoro sia autonomo che dipendente a meno che si tratti di redditi provenienti da lavoro autonomo occasionale e che non superi i 5.000 euro.
L’importo massimo che si può ottenere nel caso in cui si decida di andare in pensione anticipata non può essere alto più di 5 volte il trattamento minimo. Quindi, nel 2023, la cifra non deve superare i 2.818,65 euro. Un limite che non verrà applicato nel momento in cui si raggiunge un requisito anagrafico pari a 67 anni. Inoltre la fine del pagamento del TFR non prende in considerazione la data di collegamento ma la data in cui il dipendente ha raggiunto il requisito ordinario.
Ogni nuova riforma pensionistica che prende il nome di “quota” va a sostituire quella precedente anche se non sempre vengono messi da parte i suoi effetti. Attraverso il decreto legge 4/5/2019 che era in vigore fino al 2021, era stata introdotta quota 100, una pensione anticipata “mista” realizzata insieme al sistema delle quote ossia l’unione tra età anagrafica e contributi. Sostituita poi da quota 102, continua ancora a rimanere in vigore a patto che il soggetto possieda i requisiti richiesti ossia che fino al 31 dicembre del 2021 abbia raggiunto 62 anni di età e 38 anni di contributi. I contributi in questione possono essere uniti con quelli della gestione INPS anche se non si possono sommare a quelli delle casse professionali. Tale pensione non ha suo interno nessun tipo di penalizzazione per quanto riguarda il calcolo anche se prevede un divieto di cumulo reddituale.
Il primo gennaio del 2022 è stata poi introdotta quota 102, una riforma pensionistica che dà la possibilità ai contribuenti di andare in pensione a 64 anni di età dopo aver accumulato 38 anni di contributi. Questa è una misura realizzata dal governo Draghi. Alla fine dell’anno scorso però quota 102 è scaduta proprio come è accaduto anche per quota 100, tale riforma resta in vigore a patto che si raggiungono i requisiti indicati.
È molto importante però tenere a mente che sia per quota 102 che per quota 100, tale pensione risulta dipendere dalla finestra di attesa. In poche parole si fa riferimento al tempo di 3 mesi che si dovrà attendere dopo aver aggiunto i requisiti, una tempistica che raddoppia per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Ma nel caso in cui la domanda di pensione viene presentata dopo che è passato molto tempo da quando si sono raggiunti i requisiti, non si dovrà più rispettare la finestra di attesa.
Chi desidera andare in pensione anticipatamente potrà anche utilizzare quella modalità secondo cui è possibile smettere di lavorare dopo aver accumulato 42 anni 10 mesi di contributi senza tener conto dell’età anagrafica. Si potrà poi uscire anche dal mondo del lavoro dopo aver accumulato 41 anni solo nel caso in cui si possiedano 12 mesi di contributi prima di aver compiuti 19 anni.
Tra i vari canali per l’uscita anticipata dal mondo del lavoro troviamo Opzione donna, una misura che è stata prolungata per tutto il 2023. Questa dà la possibilità alle lavoratrici di lasciare il lavoro a patto che, entro il 31 dicembre del 2022, hanno versato almeno 35 anni di contributo e compiuto 60 anni di età. Dopo le modifiche aggiunte a seguito della legge di Bilancio del 2023, questa opzione può essere utilizzata dalle lavoratrici caregiver, ossia quelle donne che hanno una diminuzione della capacità lavorativa pari al 74% insieme alle lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende in crisi.
Esiste poi anche l’Ape sociale, una misura che è stata prolungata fino al 31 dicembre del 2023 e che interessa i disoccupati di lungo corso insieme agli invalidi dal 74%, ai caregivers e agli addetti ai lavori gravosi. Una domanda che può essere fatta anche da coloro che hanno ottenuto i requisiti negli anni scorsi a patto che abbiano compiuto 63 anni di età.
Un’altra versione d’uscita anticipata dal lavoro è inerente all’Isopensione Fornero la quale può essere utilizzato fino al 30 novembre del 2026 ma soltanto per coloro che sono occupate in aziende in cui c’è eccedenza di personale.
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