A chi conviene il TFR in busta paga, davvero? Esperti dell’economia e della previdenza hanno le idee chiare e criticano apertamente la manovra sull’anticipo del Tfr, voluta da Matteo Renzi. Ma chi storce il naso, oltre a mettere in guardia dai rischi a lungo termine, spiega anche perchè tutto questo provvedimento non porterà vantaggi sensibili in termini di ripresa economica. Visto l’aumento della tassazione relativa, sembra proprio che i vantaggi siano in misura maggiore per lo Stato, e in parte per le imprese, ma non tanto per la maggioranza dei lavoratori.
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Gli unici ad avere beneficio sono i dipendenti a reddito molto basso, che possono contare su qualche banconota in più, o coloro che non hanno liquidi ma debiti arretrati o rate in scadenza da pagare subito.
A chi conviene
Secondo i calcoli che hanno effettuato i consulenti del lavoro, il tfr in busta paga è conveniente per chi ha fino a 15.000 euro all’anno di reddito. Per le cifre superiori non converrebbe, perché, secondo le disposizioni governative, viene tassato il maggiore importo come parte integrante dello stipendio. Di conseguenza si arriva ad applicare l’Irpef ordinaria e a pagare più tasse. Queste ultime consistono, almeno fino ai 28.000 euro, in circa un centinaio di euro in più, ma, man mano che si alza l’importo del reddito, aumentano anche le tasse.
I lavoratori che hanno un reddito oltre i 28.000 euro possono decidere se prendere una parte subito del tfr o prendere un po’ di più, quando sarà il momento di incassare il trattamento di fine rapporto. C’è una terza possibilità. Si tratta della richiesta di anticipo del tfr, che può essere richiesto per l’acquisto o la ristrutturazione dell’abitazione o, in caso di gravi motivi di salute, per la copertura delle relative spese mediche. Si può provare anche a proporre un accordo direttamente all’azienda per la quale si lavora.
Il vantaggio è anche quello di avere più liquidità in tasca, che corrisponde a circa 76 euro al mese per chi non va oltre i 18.000 euro all’anno, 97 euro per chi ne guadagna 23.000, 105 per chi ne prende 25.000, 125 per coloro che hanno un reddito pari a 35.000 euro
A chi non conviene
Monetizzare il tfr in busta paga non sembra essere un buon affare per chi, ad esempio, ha un reddito medio di 23.000 euro, che è quello tipico da lavoro dipendente. In termini di imposte, proprio questi lavoratori potranno rimetterci 330 euro. Danni ci potrebbero essere anche per quanto riguarda gli sconti per gli asili nido, per le mense scolastiche, per l’iscrizione all’università o per la tassa sui rifiuti.
Il tfr in busta paga rischia, infatti, di far alzare il nuovo Isee. Bisogna fare bene i conti, anche perché i lavoratori del settore privato, che sono in servizio da almeno 6 mesi, dovranno decidere al più presto se continuare ad accantonare, per poi passare all’incasso alla fine della prestazione lavorativa o se invece avere la cifra a disposizione mese per mese. La decisione presa sarà valida per 3 anni. Non è da dimenticare che il tfr in busta paga, accumulandosi insieme al reddito prodotto nel corso dell’anno, potrà incidere negativamente anche sulle detrazioni d’imposta, sugli assegni e sulle detrazioni per familiari a carico.
Gli esclusi senza appello
Non gioiscano i lavoratori che hanno contratti di tipo precario o quelli che hanno partita Iva, e nemmeno i dipendenti pubblici e quelli del settore agricolo, perchè loro tutti non usufruiranno di questa manovra. Sono esclusi anche coloro che versano il tfr al fondo pensionistico integrativo.