All’inizio, sembrava che apporre le calorie sulle etichette dei cibi che si consumavano, potesse aiutare le persone a cambiare abitudini alimentari e i relativi consumi. Ma è stato effettivamente così?
Uno studio effettuato in Inghilterra, dall’Università di Cambridge, ha dimostrato che non è così. Cerchiamo di capire insieme.
Abitudini alimentari: cosa non funziona?
Non è semplice cambiare le abitudini alimentari di una persona e, ancora più difficile, lo è quando questa mangia, in prevalenza, nelle mense, siano esser quelle aziendali o scolastiche, a causa del lavoro che svolge e dei tempi ristretti che ha.
Molto spesso, si torna a casa soltanto per la cena e, alcune volte, neanche per quelle. Perciò, il metabolismo si adatta a ciò che riceve e, specie, alle sbagliate abitudini alimentari. Questo non soltanto nel nostro paese, ma un po’ in tutto il mondo.
L’Università di Cambridge ha condotto uno studio – indagine in 10 mense aziendali del Regno Unito, osservando come, apponendo dei cartelli accanto ad ogni pietanza, con il numero di calorie presenti per porzione, cambiassero o meno le abitudini alimentari delle persone. E soprattutto, cercando di far capire loro, quanti minuti di attività fisica occorrono per smaltire, poi, quella determinata porzione di cibo.
Far sapere quante calorie ci sono in ciò che si mangia, aiuta a fa cambiare le abitudini alimentari? In realtà, era questo lo scopo dello studio effettuato, ma anche per aiutare le stesse persone che fruiscono delle mense a scegliere un’ampia varietà di cibi che siano, anche, salutari oltre che di sostegno alimentare vero e proprio.
Etichettare i pasti con il numero di calorie presenti + i minuti di attività fisica che sarebbero serviti per smaltirli. Questo è ciò che i dipendenti di queste 10 mense selezionate dall’Università di Cambridge si sono trovati davanti. Perché scegliere proprio le mense? Stando allo studio, sono questi i luoghi dove vengono offerti i cibi con più opzioni caloriche, rispetto a ciò che si prepara e si mangia a casa.
Calorie ed etichette con attività fisica: in Inghilterra non bastano
Le aziende inglesi che hanno più di 250 dipendenti, dal mese di aprile, sono tenute, nelle mense, a segnalare le calorie accanto ai cibi che propongono: è questa una delle misure del Governo per combattere l’obesità dilagante nel Paese.
La scelta di aggiungere, anche, i minuti di attività fisica che servirebbero per smaltirli, si pensava, potesse giovare la maggior parte delle persone che li mangiano, a cambiare la loro alimentazione e, in parte, anche lo stile di vita.
Ma sono emerse delle differenze notevoli. In una mensa, da quando sono state apposte le nuove etichette, ha notato un calo medio di 161kcal per ogni pasto prelevato, mentre in un’altra mensa, invece, c’è stato un aumento dei 69kcal per ogni pasto prelevato.
Gli studiosi affermano che potrebbero esserci stati anche altri fattori che hanno scatenato questa variazione e un non raggiungimento dell’obiettivo. E che mostrare i minuti di attività fisica che servono per smaltire le calorie di ciò che si mangia, non ha 8se non in minima parte) influenzato le scelte dei dipendenti.
Lo scopo era quello di orientare la popolazione verso un’alimentazione più sana poiché, basti pensare, che solo in Inghilterra, circa il 63% degli adulti è in sovrappeso. E lo è anche 1 bambino su 3 che esce dalla scuola primaria.