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Abolizione finanziamento ai partiti: è la solita bufala?

Il governo annuncia di aver abolito il finanziamento pubblico ai partiti con un decreto. Una promessa mantenuta, dicono più voci autorevoli dell’esecutivo, ma in realtà non è così. Prima di tutto, il finanziamento pubblico ai partiti non esiste più dal 1993, dal referendum che lo eliminò. Stiamo quindi parlando dei rimborsi elettorali, il metodo da azzeccagarbugli trovato dalla politica per prendere soldi pubblici. Quello a cui si riferisce il governo è dunque un decreto che recepisce e accelera il testo approvato dalla Camera lo scorso 16 ottobre, con il voto contrario di SEL e M5S.

Il decreto riguarda sia il finanziamento vero e proprio che i rimborsi. Nel primo caso si chiudono, almeno dicono, i rubinetti dello Stato e si aprono le porte per i contributi di cittadini privati e imprese, in due modalità. La prima è il 2 per mille dell’Irpef che verrà erogato obbligatoriamente a uno dei partiti presenti nel panorama politico, un po’ come accade per l’8 per mille per le confessioni religiosi. Nel caso in cui non ci fosse un destinatario, “l’inoptato resterà allo Stato”, come ha risposto Letta. I soldi andranno allo Stato, ma ancora non è chiaro a chi di preciso e per far cosa.

Stabilito un tetto massimo di 300mila euro per le donazioni dei privati, scendendo a 200mila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche, cosa che ha fatto scattare la reazione di FI, con Sandro Bondi contrario a quello che definisce “un decreto contra personam”. Per loro le detrazioni saranno al 37% tra i 30 euro e i 20mila euro e al 26% tra i 20mila e i 70mila euro. Le spese per l’iscrizione a scuole o corsi di formazione politica saranno detraibili al 75% fino a un massimo di 750 euro l’anno. I partiti potranno raccogliere fondi anche con gli sms o con altre applicazioni informatiche.

Capitolo rimborsi che non vengono eliminati ora e subito, ma con una riduzione graduale in tre anni. I rimborsi andranno a ridursi fino a sparire del tutto nel 2017, a iniziare dal 2014, cosa che spiega la scelta del decreto. In questo modo la legge è immediatamente operativa in modo da ridurre i tempi, dicono dal governo.

In mattinata erano arrivate le prime conferme del decreto, dal vice premier Angelino Alfano al ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, usando Twitter. “E una è andata: abolito finanziamento pubblico dei partiti! Ora avanti con la riduzione del numero dei parlamentari“, scrive Quagliariello, preceduto di poco da Alfano: “In CdM abbiamo appena abolito il finanziamento pubblico ai partiti. Per decreto. Impegno mantenuto!“.

In mattinata era stato Enrico Letta a dichiarare che il governo avrebbe approvato l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, sempre via Twitter, dal profilo ufficiale del premier: “Avevo promesso ad aprile abolizione finanziamento pubblico partiti entro l’anno. L’ho confermato mercoledì. Ora in cdm manteniamo la promessa”. Il passaggio a un sistema di donazioni private per i partiti dovrebbe avvenire nel 2014. Il decreto al testo del governo approvato dalla maggioranza riguarda l’abbassamento delle aliquote per chi donerà soldi ai partiti: le detrazioni dovrebbero essere del 37% tra i 30 euro e i 20 mila euro e del 26% tra i 20 mila e i 70 mila euro.

L’iter del decreto, secondo Letta, avrà un’accelerazione proprio con il Consiglio dei Ministri di oggi, a dispetto di quanto accaduto in questi mesi, in cui si è rimandato più volte.

Il decreto dovrebbe recepire il disegno di legge già approvato in Consiglio dei Ministri, ma fermo in Parlamento: ora saranno le Camere a doversi esprimere, entro 60 giorni, ma le nuove norme saranno subito il vigore.

La notizia ha scatenato la reazione di Beppe Grillo che, sempre da Twitter, invita il premier a restituire i finanziamenti ricevuti dal PD. “Basta con le chiacchere Enrico Letta. Restituisci ora 45 mln di euro di rimborsi elettorali del Pd a iniziare da quelli di luglio”, si legge sul social network.

L’iter dell’abolizione del finanziamento ai partiti
Il progetto di legge sui finanziamenti pubblici ai partiti, che prevedeva un taglio, aveva ricevuto lo stop dalla Camera lo scorso settembre, tornando in Commissione Affari Costituzionali. Quasi tutti gli schieramenti politici sono stati d’accordo per il rinvio, tranne la Lega Nord e il Movimento 5 Stelle. In particolare a dichiararsi estremamente contrari sono stati i grillini, come si legge da quanto scritto dal deputato Riccardo Fraccaro sul blog di Beppe Grillo. L’esponente grillino aveva detto che, nonostante le dichiarazioni di Letta contro i finanziamenti pubblici, il tutto continua ad essere rinviato, mentre i politici continuano ad intascare i soldi dei cittadini.

Polemici anche Roberta Lombardi e Riccardo Nuti, capogruppo del M5S alla Camera. Secondo il PD, il rinvio avrebbe consentito un maggiore lavoro sul provvedimento. D’accordo anche SEL, che crede che il prendere tempo possa servire a valutare meglio gli emendamenti presentati.

La discussione sul provvedimento è stata ripresa dopo le ferie del Parlamento. La Camera ha chiuso il 10 agosto e ha riaperto il 6 settembre. Ecco perché il tutto è stato rimandato a settembre, come ha deciso la conferenza dei capigruppo. E’ stata rimandata così, prima dell’estate, una questione che è stata per lungo tempo alla ribalta della cronaca, sulla quale si è discusso molto e che ha suscitato parecchie polemiche e non pochi scontri fra gli stessi deputati. Gli ultimi provvedimenti approvati sono stati il decreto sul lavoro.

Il presidente dei deputati del Movimento 5 Stelle, Riccardo Nuti, aveva proposto di procedere prima delle ferie sul ddl che riguarda il finanziamento ai partiti, ma gli altri capigruppo non hanno accettato questa ipotesi. Sui finanziamenti pubblici e sulle novità che il Governo ha intenzione di introdurre, è intervenuto il Presidente del Consiglio Enrico Letta, che ha risposto alle recenti polemiche che provengono da più parti, all’interno dei partiti politici. Letta ha ribadito la necessità di andare avanti su questo obiettivo: “Non si facciano passi indietro. Su questa vicenda, il sistema dei partiti si gioca la sua credibilità”.

Si tratta di un esame che la Commissione deve effettuare in maniera veloce. Ma il Governo aveva comunque avvisato: in mancanza di un’approvazione rapida del disegno di legge, potrebbe essere messo in atto un decreto governativo d’urgenza.

I finanziamenti pubblici, quindi, sono a rischio e la politica sembra essere in rivolta contro il nuovo disegno di legge che dovrebbe cercare di trovare un rimedio ai soldi pubblici destinati ai movimenti politici. I difensori dei fondi pubblici per i partiti sono parecchi. Le argomentazioni di chi difende i finanziamenti pubblici sono diverse e fanno leva su differenti ragioni.

A difendere la situazione attuale sono diversi parlamentari, a partire dal tesoriere del PdL Maurizio Bianconi e dal deputato del PD Ugo Sposetti. Bianconi ha definito la nuova legge “sbagliata, ipocrita e piena di sciocchezze”, affermando di aver paura per la democrazia. Il percorso in Parlamento del disegno di legge potrebbe non essere molto facile. Il rischio maggiore è quello di uno svuotamento del testo, che potrebbe risultare, alla fine, privo di gran parte dei contenuti di rilievo.

Secondo il tesoriere del PdL, lo scenario attuale non è molto rassicurante. Da una parte, dice Bianconi, c’è l’opinione pubblica che, “più che togliere i soldi ai partiti, vuole ammazzare tutti i politici, ci vuole tutti morti, impiccati”. Dall’altro lato, secondo le affermazioni di Bianconi, una legge di questo tipo rischia di far finire i politici “nelle mani di poteri ben interessati: tecnocrati e poteri economici che vogliono indebolire una classe politica annichilita e paralizzata dalla paura”.

Secondo il tesoriere, se si vuole portare avanti l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, non ci si deve nascondere dietro “palliativi come il 2 per mille” e non si devono introdurre “cose che fanno morire dal ridere, come i programmi per l’accesso in tv e la sede gratis ai partiti”.

A manifestare il disaccordo è anche SEL, attraverso le parole del tesoriere Sergio Boccadutri, che sostiene che il suo partito è favorevole al finanziamento. La legge, secondo Boccadutri, rischia di mettere la politica italiana fuori dall’Europa: “C’è un cedimento culturale a un modello che, in assenza di leggi che regolino il conflitto d’interessi e le lobby, rischia di essere pericoloso”. SEL non è d’accordo nemmeno al sistema del 2 per mille, che si configurerebbe come un modo per avere dei soldi “donati non sulla base del consenso, ma del censo”.

La rivolta della politica è veramente un modo per difendere gli interessi pubblici dei singoli cittadini? La determinazione del Governo servirà a creare un sistema maggiormente equo, a garanzia degli italiani? I partiti riceveranno veramente finanziamenti solo dai cittadini che lo vorranno? Stiamo assistendo, insomma, ad un reale cambiamento della situazione attuale oppure tutto è solo un vero e proprio specchietto per le allodole?

Lorena Cacace

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