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Aborto, diritto negato alle donne di Crotone: medici e infermieri sono tutti obiettori

[didascalia fornitore=”altro”]Lo striscione di Forza Nuova davanti all’ospedale di Crotone/Facebook[/didascalia]

In Italia nel 2017 ci sono donne a cui viene negato sistematicamente il diritto all’aborto. È la denuncia dell’associazione femminista “Non una di meno” di Crotone, raccolta dall’Huffington Post: nel capoluogo e in tutta la provincia medici e infermieri sono tutti (o quasi) obiettori ed è impossibile abortire. I dati Istat, raccolti dal sito, indicano che negli ultimi 5 anni, dal 2011 al 2016, ci sono stari zero aborti a Crotone e provincia, con il 2017 nella stessa situazione: da anni c’è una parte del Paese che nega il diritto all’aborto garantito per legge, la ormai nota 194/78. La situazione è drammatica per le donne del posto, costrette ad andare fuori provincia per far valere un proprio diritto in uno dei momenti più dolorosi e drammatici della propria vita. Invece di aver supporto e assistenza per quello è che un vero calvario, vengono trattate “da peccatrici”, come ha raccontato una testimone a Luciana Matarese. Oltre il danno, la beffa: davanti all’ospedale centrale di Crotone è comparso uno striscione di Forza Nuova con la scritta “Fieri dei medici di Crotone. Sì obiezione No legge 194”.

Per ogni donna la decisione di interrompere la gravidanza è sempre dolorosa, spesso straziante, di quelle con cui devi convivere per tutta la vita e che ti cambia profondamente. Ciò non toglie che il diritto all’aborto sia una conquista di civiltà e di libertà, garantita da 39 anni in Italia grazie a una legge che fu definita rivoluzionaria, la 194: la scelta spetta sempre alla donna perché è del suo corpo e della sua salute che si parla.

Quasi 40 anni dopo l’approvazione della 194 il diritto all’aborto viene spesso negato alle donne di tutta Italia come certificato dall’ultima relazione sull’attuazione della legge, trasmessa al Parlamento a dicembre 2016, per il biennio 2014-2015, e riportata dall’Huffington Post: in dodici anni (dal 2006 al 2014) si è registrato un calo di aborti e un aumento dei ginecologi obiettori, passati dal 69,2 al 70,7% (in Lombardia sono il 68%)

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In Calabria i numeri sono oltre la media nazionale con medici obiettori al 72,9% e gli anestesisti il 76,7%, tanto che il Consiglio Regionale è dovuto intervenire per garantire l’applicazione della 194 in tutta la Regione. Questo perché, se non ci sono medici e strutture sanitarie, le donne sono costrette a rivolgersi altrove in situazioni di illegalità pericolose per la salute: secondo il Ministero della Salute nel 2008 in Italia ci sono stati 20mila casi di interruzione volontaria illegale di gravidanza.

Crotone in particolare è un vero e proprio caso limite. L’ospedale centrale, il San Giovanni di Dio, non è in grado di garantire il diritto all’aborto perché il reparto di ostetricia e ginecologia è composto da infermieri tutti obiettori e 7 medici obiettori su 9. Gli unici due medici che praticano l’aborto sono il primario che, come ha spiegato il direttore dell’Asp Sergio Arena al sito, è stato assunto a febbraio di quest’anno: a loro si sono aggiunti un anestesista e un’ostetrica appena assunti.

Incontrando la delegazione di attiviste, il direttore ha garantito che dal 2018 l’ospedale avrà un reparto ostetrico adeguato anche per l’interruzione di gravidanza, ma i problemi sono ancora molti.

Quello che si coglie nelle testimonianze di alcune donne raccolte dall’Huffington Post è un problema di mentalità per cui se una donna decide di abortire diventa automaticamente un mostro, un reietto della società, da condannare come “peccatrice”. Invece di ricevere aiuto e supporto, le donne vengono additate solo perché fanno valere un loro diritto.

Se è vero che la legge prevede per i medici l’obiezione di coscienza, è altrettanto vero che garantisce il diritto di abortire in una struttura pubblica in “circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”, come recita il testo. Lo Stato deve garantire i diritti di entrambi, in particolare del soggetto più debole, che è la donna: la legge è legge, per tutti.

Lorena Cacace

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