Bentornati al nostro appuntamento settimanale con le regole della grammatica italiana. Questa volta vogliamo cimentarci con una delle situazioni più ostiche: l’uso dell’accento. Si fa presto a dire accenti, ma, complice anche l’uso della tastiera, spesso sbagliamo a usarli: o non li mettiamo, o mettiamo quelli sbagliati o ne mettiamo troppi (un po’ come succede con le maiuscole). Prima di tutto dobbiamo distinguere i diversi tipi di accento: abbiamo quello grave con la pronuncia aperta (caffè, cioè…), inclinato verso sinistra. E abbiamo l’accento acuto, pronuncia chiusa, inclinato verso destra (perché, affinché…).
Vediamo adesso i singoli casi in cui l’accento ci va o non ci va.
– le vocali A, I, O, U vogliono sempre l’accento grave
– la vocale E vuole l’accento grave se usata come verbo essere (è), nei nomi stranieri (caffè, tè), nelle parole (ahimè, cioè) e nei nomi propri (Giosuè, Noè)
– la vocale E vuole l’accento acuto nei composti di che (perché, affinché), nel passato remoto (poté), nei composti di re (viceré), nei composti di tre (ventitré), nella parola mercé, nei monosillabi (sé inteso come pronome, né, ché)
Se ci fate caso, infatti, sulla tastiera l’unica vocale che presenta i due accenti è proprio la ‘e’: nel medesimo tasto avremo sotto l’accento grave e sopra l’accento acuto. Nulla accade per caso.
Ma come dobbiamo comportarci sulla E maiuscola accentata? Sulla tastiera del computer non c’è (in realtà c’è in alcuni font, ma bisogna andare a ripescarla nei meandri del computer e collegarla a qualche tasto, un lavoraccio). Seguiamo quanto dice il Lesina, ovvero che in caso di utilizzo della tastiera è accettabile dal punto di vista grafico l’utilizzo della vocale maiuscola con affiancato l’apostrofo a mo di accento. E questo vale per tutte le vocali.
Per quanto riguarda i monosillabi, in linea generale non vogliono l’accento, a meno che la stessa parola non possa avere due significati: in questo caso l’accento serve a distinguerle. Ma vediamo quali sono i casi in cui l’accento deve essere usato nei monosillabi:
– ché usato in senso causale o finale, cioè quando sostituisce perché (Non guidare ché la strada è bagnata)
– dà usato come indicativo del verbo dare (Maria dà a Marco una caramella)
– dì usato o come giorno o come imperativo del verbo dire (Le compresse vanno prese due volte al dì; Dì la tua opinione)
– là, altrimenti si confonde con l’articolo o con la nota ‘la’
– lì
– né
– sé usato come pronome (E’ troppo pieno di sé). Quando se si usa insieme a stesso (Parlo per me stesso) allora l’accento viene perso, a meno di non usarlo al plurale (Lo fanno per sé stessi), in quanto lo si potrebbe confondere con ‘se stessi’, congiuntivo del verso stare (Se stessi mangiando)
– sì, per non confonderlo col riflessivo
– quando fanno parte di una parola composta (autogrù)
Come avrete potuto notare, non hanno mai l’accento: su, qui, qua, va, do, fa, sta, blu, pro.
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