Aveva soltanto 34 anni quando, nonostante si fosse recata in due pronto soccorso, non aveva ricevuto l’assistenza e le cure necessarie al suo caso. Ora, la sua famiglia ha ricevuto un importante risarcimento economico.
Un forte dolore al petto, la corsa all’ospedale per capire di cosa si trattasse ma, per due volte era stata dimessa e rimandata a casa.
Un caso di malasanità riconosciuto e, per il quale, è arrivato un risarcimento danni di circa 1 milione di euro, ma che non potrà mai colmare la perdita di una giovane mamma di soli 34 anni. la giovane viveva in Sardegna, ad Iglesias e quel giorno aveva accusato un forte dolore al petto.
Da lì, la corsa in ospedale a pronto soccorso, prima al “Santa Barbara” e, poi, dopo esser stata dimessa da questo primo ospedale, al nosocomio “Brotzu” del capoluogo sardo. Ma, anche qui, la donna era stata dimessa e rimandata a casa. Il dolore al petto non è mai cessato, nonostante si fosse recata in ospedale. Fino al giorno dopo quando la donna si è recata dal medico di famiglia e, proprio davanti a lui, si è accasciata ed è morta.
Sono passati 10 anni da quel triste giorno, quando la donna morì lasciando solo suo figlio, allora piccolo e il suo compagno. Dopo tutto questo tempo, arriva finalmente un risarcimento danni: dal 2013, soltanto ora l’ospedale “Brotzu” di Cagliari ha deliberato di stanziare le somme per il risarcimento dopo un lungo contenzioso, che è arrivato sia in sede penale che civile.
Circa 945mila euro andranno alla famiglia della giovane mamma 34enne deceduta. Una cifra che, però, non potrà mai restituire di tutta la sofferenza e dell’assenza, specie per un bambino piccolo, della sua mamma. Non solo perizie da parte civile, ma il tutto si era anche spostato alla Corte dei Conti che avevano stabilito le responsabilità.
Responsabilità da imputare, per il 20% a un possibile errore del medico dell’ospedale “Santa Barbara”, dove la donna si era recata a pronto soccorso la prima volta dopo aver accusato il forte dolore al petto, e per il restante 80% al collega del “Brotzu” che, come quello dell’altro ospedale, l’aveva rimandata a casa anche lui.
Stando alle perizie portate avanti dagli esperti, i medici dei pronto soccorso ai quali la donna si era recata, avrebbero dovuto individuare una dissecazione aortica. Cosa che, invece, non è stata diagnosticata ed è diventata, poi, fatale per la 34enne, portandola alla morte il giorno dopo.
Dalle casse dell’ospedale “Brotzu” usciranno 160mila euro, il resto sarà coperto dall’assicurazione. Lo stesso succederà all’Ats in liquidazione, che deve rispondere del 20% di colpa attribuita. Cosa che, invece, non è ancora terminato, è il procedimento penale.
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