L’acqua dolce è in via di estinzione, e alcune potenze economiche negli ultimi anni ne stanno comprando in quantità industriali, a ritmi forsennati. Un quadro a dir poco allarmante sta emergendo a poco a poco per quanto riguarda fiumi, laghi e tutte le altre fonti naturali di acqua dolce: i colossi bancari e i grandi magnati della finanza stanno infatti consolidando il potere controllando l’acqua, che diventerà nei prossimi decenni una fonte sempre più scarsa, e quindi più preziosa: chi afferma che le guerre di domani non si combatteranno per il petrolio, ma per l’acqua, rischia purtroppo di avere ragione.
L’elenco dei compratori è piuttosto lungo, e comprende banche come Goldman Sachs, JP Morgan Chase, Citigroup, UBS, Deutsche Bank, Allianz, Barclays Bank, giusto per citarne alcune. Ma tra coloro che acquistano ettari di terreno con falde acquifere strategiche, concessioni per diritti di sfruttamento, aziende di erogazione, compagnie di settore tecnologicamente avanzate, vi sono anche milionari quali T. Boone Pickens, Li Ka-shing di Hong Kong, Manuel V. Pangilinan delle Filippine e la famiglia degli ex Presidenti Usa Bush: quello che concretamente si prospetta è che una risorsa preziosa per la popolazione intera sarà concentrata nelle mani di pochi, con tutte le conseguenze nefaste del caso. Proviamo a fare un esempio: il già citato T. Boone Pickens, uno degli uomini più ricchi d’America, possiede più diritti di sfruttamento dell’acqua di qualsiasi altro connazionale, mentre un cittadino qualunque di nome Gary Harrington, nell’Oregon, è stato condannato a 30 giorni di carcere per aver raccolto l’acqua piovana in tre laghetti situati nei suoi 68 ettari di terreno.
Due casi macroscopici e situati agli estremi opposti, ma che ingenera in chi legge queste vicende l’idea di un mondo in cui pochi oligarchi possono permettersi di controllare tutta l’acqua dolce del mondo, mentre l’uomo comune non può nemmeno raccogliere l’acqua piovana o la neve disciolta dietro il proprio cortile. L’acqua è un affare che fa gola a molti, e in ogni angolo del globo: negli Usa l’industria fattura 425 miliardi di dollari l’anno, gli affari vanno a gonfie vele e si riverberano sotto molteplici aspetti, a partire dal cosiddetto fracking, ovvero la fatturazione idraulica che comporta dai 10 ai 20 milioni di litri d’acqua per pozzo, l’80 per cento della quale non può essere riutilizzata perché molto più salata dell’acqua di mare. Quando gli agricoltori hanno bisogno di acqua, a chi pensate si rivolgano? Un altro comparto cruciale è quello della vendita di acqua in bottiglia, soprattutto in zone del mondo dove vi è scarsità di acqua dolce, come in Cina, generando profitti enormi per le compagnie industriali che hanno investito nel settore. Nel silenzio generale dei media, la conquista dell’acqua dolce procede a veloci falcate da parte delle multinazionali e dei signori di Wall Street, che saranno presto in grado di imporre la loro volontà ai governi, trasformando un bene prezioso e vitale per tutti in una fonte di profitto per pochi.
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