Acquisti on line danneggiano economia italiana: ci guadagnano le società straniere

Gli acquisti on line danneggiano economia italiana? Il mercato degli acquisti sul web in Italia vale 24 miliardi e il valore degli acquisti online degli italiani raggiunge nel 2015 i 16,6 miliardi di euro con un incremento in valore del 16% rispetto al 2014 pari a oltre 2,2 miliardi di euro, generato dal 34% di italiani che hanno effettuato almeno un ordine online nell’ultimo anno. Prosegue quindi la crescita dell’eCommerce in Italia secondo i dati dell’ultimo rapporto. Ma chi ci guadagna in questo commercio?

Il commercio elettronico rappresenta una possibilità di crescita economica anche per l’Italia, si è calcolato che dal 2004 al 2009, Internet ha contribuito per il 20% alla crescita del Pil delle prime 13 economie nazionali, a conferma del ruolo vitale dell’iper-connettività nella società moderna. Anche se solo meno della metà della popolazione mondiale ha accesso alla Rete, i benefici economici e sociali derivanti dal suo uso sono innegabili. ”Contribuiscono a questa crescita i settori che hanno trainato l’eCommerce fino ad oggi, come il Turismo (+14%), l’Informatica ed elettronica (+21%) e l’Abbigliamento (+19%), ma anche l’Editoria (+31%) e i settori emergenti come il Food&Grocery, l’Arredamento e Home living e il Beauty” afferma Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.

Ad oggi però questa opportunità sembra non essere abbastanza presa in considerazione dalle imprese italiane. Infatti solo il 4% delle aziende italiane vende i propri beni e servizi online. In realtà l’e-commerce è sempre di più un’abitudine d’acquisto quotidiana anche tra i consumatori italiani, che però si trovano spesso ad acquistare merce ”fuori” dai confini nazionali. I siti che hanno sede legale in altri Paesi non sono costretti a sottostare alle leggi italiane (ad esempio il tetto dell’aliquota IVA), e quindi i consumatori possono godere di quel piccolo sconto sui listini dato dalle differenze di aliquote applicate in Europa.

Con l’arrivo del 2015 è però cambiato un aspetto decisivo per gli acquisti on line. La nuova normativa europea stabilisce che l’acquirente di un servizio deve pagarlo con applicata l’IVA del suo paese di residenza. E’ bene sottolineare che questa legge europea vale esclusivamente per transazioni B2C, quindi da aziende a consumatori finali, non da aziende ad aziende o liberi professionisti. Inoltre non si applica per i beni fisici: quindi quando si compra della merce su unsito.fr si pagherà come sempre l’iva francese, su unsito.de quella tedesca, ecc. Ed è proprio in questo passaggio che sta il danno per l’economia italiana. In Italia sulla maggioranza dei prodotti grava il 22% di IVA, mentre in Gran Bretagna, Francia, Belgio Germania e Lussemburgo è tra il 20% e il 15%. Quel poco che si guadagna acquistando merci sui siti stranieri si trasforma, in definitiva, in un mancato introito per le casse nazionali.

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