Addio al reso gratutito e i brand di abbigliamento hanno accettato questa nuova politica. Le motivazioni sono chiare, ma la reazione dei consumatori è stata inaspettata.
Il mondo sta cambiando completamente e anche i brand di abbigliamento hanno deciso di cambiare le loro politiche interne. I consumatori stanno apprendendo ora la notizia dell’addio al reso gratuito dei capi e accessori, ma la loro reazione non è stata delle migliori. Le condizioni abbracciano una politica aziendale che, forse, metterà un punto a comportamenti di varia natura.
Reso gratuito, strategia di marketing o favore?
C’era una volta il reso dei capi di abbigliamento, in caso di errore o cambio di idea. Il tutto era possibile entro e non oltre una data pre stabilita, proprio per permettere all’azienda di sostituire il capo con uno diverso o con taglia differente dopo la prova a casa.
A volte, alcuni consumatori, desideravano solo cambiare il colore o si sono resi conto che quel capo non vestiva come in camerino. Bastava avere lo scontrino e recarsi al punto vendita, chiedendo allo staff di procedere al reso seguendo le regole aziendali.
Con il boom degli e-commerce, questa politica è stata confermata tanto da poter rendere/sostituire il capo grazie al corriere espresso. Insomma, comodità – velocità e possibilità di cambiare idea.
Cosa succederebbe se tutto questo dovesse finire da un momento all’altro?
Addio reso gratuito: quali sono i motivi?
Non è teoria, perché l’era dei resi gratuiti è arrivata al capolinea. I brand di abbigliamento hanno deciso di cessare il reso dei capi gratuitamente e introdurre una commissione per la restituzione.
In Inghilterra, il gruppo spagnolo Index – conosciuto anche per il brand Zara – da questo momento chiede il contributo fisso di 2 sterline per il reso online o presso uno dei suoi negozi. Una politica che sta prendendo piede in tutto il mondo, adottata anche da Asos e dal colosso giapponese Uniqlo.
Come evidenzia Corriere, alla base di questa decisione c’è un aspetto economico. I resi rappresentano un costo molto alto per le aziende, con un notevole dispendio di tempo e soldi.
Con la diffusione degli e-commerce, sono tantissimi i consumatori che acquistano per provare e poi rimandano indietro. Una sorta di trend che si sta diffondendo, come si nota dai video postati su Instagram e TikTok: ci sono persone che comprano varianti di taglia dello stesso colore, oppure capi di tutti i colori per provarli e poi decidere cosa tenere come se fossero in un camerino. Le aziende hanno compreso che i costi stanno aumentando e la gestione del fenomeno non è più contenibile.
Non è tutto, perché tra le motivazioni bisogna osservare anche quello ambientale. Su The Guardian Sophie Benson ha raccontato che, nella maggior parte dei casi, i capi restituiti vengono buttati e non rimessi in vendita perché più conveniente.
Questo significa migliaia di indumenti buttati nella discarica, nuovi e senza mai essere stati usati e senza la possibilità di dar loro una seconda vita. L’impatto sull’ambiente e devastante e si aggiunge a tutti gli altri rifiuti, come plastica – vetro – carta e cibo di varia natura.
La reazione dei consumatori
E i consumatori cosa ne pensano di dover pagare per restituire il capo? Gli esperti mettono l’accento sul fatto che ci penseranno due volte prima di acquistare tanti capi, per poi dar loro indietro. Lo shopping d’impulso avrà un piccolo arresto e si farà molta attenzione a quello che verrà messo dentro il carrello.
Il reso avverrà in modo intelligente e solo nel momento in cui non si potrà fare a meno di farlo, per una taglia sbagliata – errore oppure difetto. La politica è volta a ridimensionare lo stile di vita del consumatore medio, proiettato allo spreco e alla poca attenzione.