Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando lancia dati allarmanti sul fronte delle adozioni. Nel corso della sua audizione in commissione Giustizia della Camera il Ministro parla di 300 minori dichiarati ‘adottabili’ ma ancora in attesa. Il Ministro ne parla in merito allo stato di attuazione della legge recante modifiche alla disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori.
“Una verifica condotta presso tutti i Tribunali per i minorenni evidenzia che in tutta Italia sono circa 300 i minori che, benché dichiarati adottabili, non sono stati adottati” rivela Andrea Orlando e spiega: “Per ciascuno di essi esiste una motivazione di particolare delicatezza: spesso, si è di fronte a condizioni di salute (fisica o psichica) particolarmente difficili e legate a patologie irreversibili – prosegue il guardasigilli – in numerosi casi, si tratta di ragazzi in piena fase adolescenziale, talvolta già oltre i 15/16 anni, tra i quali non pochi stranieri non accompagnati, tutti dichiaratamente refrattari all’accettazione di una famiglia adottiva e legati ad un ricordo strutturato ed intenso del vissuto biologico, cui si accompagna il desiderio di un ritorno al contesto di appartenenza con il quale, in ogni modo, intendono rimanere in contatto”.
Sul tema delle adozioni internazionali il Ministro della Giustizia parla di una flessione: “Il Brasile, ad esempio, è passato da 543 minori concessi in adozione all’estero nel 2006, a 238 nel 2013”. Andrea Orlando risponde alle domande di Paola Binetti (Ap) e Walter Verini (Pd) sulla libertà di interpretazione dei giudici nei casi di adozione: “La legge non dà una soluzione che prevede un automatismo ma dà al giudice il compito di di valutare quale sia la soluzione migliore per assicurare la continuità affettiva al minore e questo esclude qualsiasi modello di giudice ‘bocca della legge’, perché è la legge che dice che il giudice che decide”. Il Ministro della Giustizia conclude: “Non c’è una ricetta che possa valere una volte per tutte – prosegue – né la legge può circoscrivere il campo, perciò siamo noi legislatori a chiedere ai giudici di interpretare la legge”.