Novità sull’aereo malese scomparso l’otto marzo scorso. La nave cinese Haixun 1, impegnata nella ricerche del jet MH370, ha captato un segnale nell’Oceano Indiano, a 25 gradi di latitudine Sud e 101 gradi longitudine Est. Si tratta di una porzione di Oceano Indiano che gli esperti definiscono “remota”, dettaglio che farebbe sperare in un possibile ritrovamento delle scatole nere del Boeing scomparso. Secondo quanto ha annunciato l’agenzia ufficiale Xinua il segnale è stato “intercettato” sulla frequenza 37.5 KHZ che potrebbe essere compatibile con quello di una scatola nera. Successivamente è stato rivelato che un aereo cinese avrebbe avvistato degli “oggetti galleggianti” nell’area. La cautela è alta e molti hanno già espresso scetticismo. Gli australiani, venerdì, avevano ordinato alla HMS Echo della Royal Navy britannica, e alla nave australiana Ocean Shield, dotata del piccolo drone sottomarino Bluefin 21 e del localizzatore fornito dagli Usa, di scandagliare una sorta di corsia lunga 240 chilometri, a Ovest della costa australiana.
Le operazioni sono state accelerate perché le batterie delle due scatole nere si stanno esaurendo, ancora pochi giorni e non dovrebbero avere più una carica sufficiente per trasmettere il segnale che ne indica la posizione
I familiari delle vittime: “Vogliamo i dati”
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In seguito all’aereo scomparso in Malaysia è scoppiata la protesta dei familiari dei passeggeri cinesi, che viaggiavano a bordo del boeing. I familiari hanno protestato davanti alla sede dell’ambasciata della Malesia a Pechino. Hanno indossato delle magliette con la scritta “preghiamo per MH370” e hanno gridato la loro intenzione di voler apprendere la verità. Ci sono stati momenti di tensione, anche perché i manifestanti hanno tentato di fare irruzione oltre il cancello. Sono intervenuti molti agenti di Polizia. I familiari delle vittime hanno consegnato una lettera di protesta, perché alcuni ritengono che le autorità abbiano nascosto alcune informazioni, essendo, comunque, consapevoli che l’aereo sia stato inghiottito dall’oceano. E’ intervenuto anche il viceministro degli Esteri cinese, che ha chiesto di sapere, come, da parte del Governo malese, sia stata fatta la valutazione, in base alla scomparsa del velivolo.
Il Boeing 777 della Malaysian Airlines è precipitato nell’Oceano Indiano e non ci sono sopravvissuti. Le ultime notizie, la conferma di quanto da due settimane, da quel tragico 8 marzo, si sospettava, è arrivata dal primo ministro malese Mohd Najib Tun Razak. “È con grande dolore che devo annunciare che il volo MH370 è terminato nell’Oceano Indiano”, le parole del premier in conferenza stampa. Gli ultimi rilevamenti hanno permesso di stabilire con certezza che l’aereo “ha preso il corridoio sud” e che “l’ultima posizione rilevata” è nel mezzo dell’oceano, a ovest di Perth, in Australia. Il ministro ha incontrato le famiglie dei 239 passeggeri prima di dare la notizia alla stampa. Gli stessi familiari erano già stati contattati dalla Malaysian Airlines che li aveva avvisati dell’impossibilità di trovare sopravvissuti. “Con grande dolore… dobbiamo ritenere oltre ogni ragionevole dubbio che il volo è perduto e nessuno a bordo si è salvato”, è il testo di un sms inviato dalla compagnia e ripreso dai media.
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La notizia arriva dopo le segnalazioni e i ritrovamenti di relitti dell’aereo che negli ultimi giorni hanno ristretto il campo delle ricerche. Il primo avvistamento reale dell’aereo scomparso in Malaysia è avvenuto nella mattina di lunedì da parte di un aereo militare cinese. L’equipaggio ha infatti riferito di aver visto “oggetti sospetti” al largo dell’Oceano Indiano meridionale. Il velivolo, un IL-76, ha comunicato le coordinate al centro di comando di Perth e alla nave rompighiaccio Xuelong impegnata nelle ricerche del Boeing 777 scomparso l’8 marzo, dopo che i satelliti avevano individuato tre relitti a circa 2.500 km a sud-ovest della costa australiana. L’equipaggio ha riferito di aver visto diversi rottami, di colore bianco: due erano grandi, di forma quadrata, altri erano più piccoli.
Mentre le ricerche sono ancora in corso arrivano nuovi elementi investigativi su quanto potrebbe essere accaduto l’8 marzo. Il primo riguarda le manovre dell’aereo e precisamente il cambio di rotta verso ovest effettuato dal pilota del Boeing 777 malaysiano, a cui è seguita una rapida discesa a 12mila piedi, circa 4mila metri. Secondo fonti riportate dalla Cnn, il movimento è stato registrato da un radar militare. Le nuove informazioni riguardano in particolare la virata che non sarebbe stata programmata, come si pensava all’inizio: il movimento dell’aereo sarebbe avvenuto all’1.09, ma i dati registrati dall’Acars, sistema che trasmette i dati del volo ogni 30 minuti, non aveva rilevato modifiche nel contatto dell’1.07.
La discesa improvvisa e il cambio di rotta non programmato confermerebbero, secondo alcuni esperti, la tesi di un’emergenza a bordo, forse un incendio, che avrebbe costretto il pilota a cambiare rotta per atterrare nella pista più vicina. La perdita di quota andrebbe a sostegno di questa ipotesi, forse dovuta a problemi di pressurizzazione o di fiamme a bordo; qualcos’altro però deve essere successo agli apparecchi di emergenza perché non è arrivato alcun allarme dai piloti.
L’altra pista è infatti quella di un dirottamento, un’azione terroristica compiuta dai piloti. Si continua a indagare sul comandante Zaharie Ahmad Shah e sulla misteriosa telefonata ricevuta poco prima del decollo. Secondo il Mail on Sunday, la polizia sarebbe risalita al cellulare da cui è partita la chiamata: sarebbe stata usata una scheda sim acquistata con documenti falsi intestati a una donna, forse, secondo gli investigatori, l’ex moglie del pilota.
Oggetti in mare ritrovati a sud dell’Australia
Altri relitti erano stati avvistati alla deriva a sud ovest dell’Australia. Il primo ministro australiano, nel dare questa notizia, ha spiegato che sono arrivate delle nuove informazioni dall’elaborazione delle immagini satellitari. Adesso nella zona dell’avvistamento sono stati inviati apparecchi da ricognizione e stanno entrando in azione anche velivoli della US Air Force. Uno dei due oggetti riscontrati in mare misura 24 metri, l’altro, invece, è più piccolo.
Non si è ancora riusciti a capire di che cosa si tratti di preciso. Ad individuarli sono state delle installazioni australiane, che hanno come principale scopo quello di tenere sotto controllo le attività della Cina. I due oggetti scompaiono e riappaiono ad intermittenza sulla superficie dell’oceano.
L’aereo potrebbe essere stato dirottato. Lo ha affermato il Governo malese in una conferenza stampa. Secondo la nuova ipotesi ad occuparsi della faccenda sarebbe stato un professionista della pirateria aerea, che avrebbe deviato l’aereo dalla sua rotta consueta, in modo tale da farlo sfuggire alle comunicazioni con le torri di controllo. Le indagini adesso si stanno concentrando in questa direzione. Tra l’altro è emerso un dettaglio molto importante: dopo il dirottamento, l’aereo sarebbe rimasto in volo per almeno altre 7 ore, come dimostrano i dati satellitari. Le ricerche, proprio per questo, saranno condotte lungo due direzioni. Da un lato si prenderà in considerazione il passaggio a nord verso il Kazakistan, dall’altro si cercherà lungo quel corridoio aereo che a sud va verso l’Indonesia e l’India.
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L’ipotesi è quella che la causa non debba essere imputata al terrorismo, ma al traffico di esseri umani. Ad avanzare questa possibilità è stata l’Interpol, che ha scoperto che i due iraniani saliti a bordo con passaporti rubati non possono essere considerati dei terroristi. Proprio la presenza dei due uomini, comunque, ha fatto sospettare che il tutto potrebbe essere ricondotto al traffico di esseri umani. Il tutto resta ancora un’ipotesi, comunque le informazioni, che via via si aggiungono sulla vicenda, porterebbero a concludere che non si tratti di un episodio terroristico. I due uomini saliti a bordo sono Pouri Nourmohammadi e Delavar Seyedmohammaderza. Secondo la polizia della Malaysia, il primo era diretto in Germania, dove intendeva chiedere asilo.
Continuano senza sosta le ricerche del aereo della Malaysian Airlines MH370, partito 41 minuti dopo la mezzanotte ora locale da Kuala Lumpur e sparito dai radar dopo circa due ore di tragitto, nello spazio aereo del Vietnam la notte dell’8 marzo. Nelle operazioni sono impiegati 34 aerei e 40 navi alla ricerca del Boeing 777, scomparso con 239 persone a bordo. Al momento però non sono stati trovati oggetti che potessero appartenere al velivolo come ha spiegato Azharuddin Abdul Rahman, capo del dipartimento dell’aviazione civile malese. Le forze locali, aiutate anche dagli esperti statunitensi della Federal Aviation Administration e National Safety Transportation Board, continuano le ricerche.
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I due passeggeri si erano imbarcati con passaporti falsi e avevano un biglietto di sola andata: secondo il capo della polizia malese, Khalid Abu Bakar, uno di loro sarebbe un cittadino iraniano, identificato grazie alle telecamere di sicurezza dell’aeroporto.
Non si esclude infatti che possa essere un membro delle organizzazioni che gestiscono questi viaggi illegali: l’uso di passaporti falsi è molto esteso soprattutto in Asia dove i controlli sono molto più blandi rispetto agli Stati Uniti, come ha chiarito anche la stessa Interpol.
Secondo le notizie raccolte dalla stampa estera, a confermare questa ipotesi ci sarebbero i biglietti di sola andata emessi lo scorso giovedì da un’agenzia di viaggi di Pattaya, in Thailandia, a nome dell’italiano e austriaco a cui sono stati rubati i passaporti e che per questo erano registrati nel database dei documenti scomparsi dell’Interpol.
Nel corso della conferenza stampa il capo dell’aviazione malese avrebbe poi raccontato che i due sospettati assomigliavano a Mario Balotelli: un’affermazione che ha suscitato non poche reazioni da parte dei giornalisti italiani, sia per la pronuncia sbagliata di Rahmal (“Assomigliano a Baltolì”) sia per la differenza palese tra i due sospettati e il giocatore del Milan.
Rimane il mistero di come un aereo sia potuto sparire nel nulla, senza lasciare traccia sui tabulati, nelle registrazioni tecniche, senza lanciare avvisi di pericolo: al momento non si trovano neanche pezzi del velivolo.
I primi sospetti
Il Boeing 777-200 sarebbe dovuto arrivare a Pechino alle 6:30 locali. Dopo un paio d’ore di volo si sono persi i contatti, senza che i piloti lanciassero alcun segnale d’allarme o segnalassero guasti tecnici. Questo è uno degli elementi che hanno portato gli inquirenti a sospettare di un atto terroristico. L’altro è la presenza nella lista dei passeggeri di due persone che non erano a bordo, i cui passaporti erano stati rubati in Thailandia negli ultimi due anni. Uno è l’italiano Luigi Maraldi, 37 anni, di Cesena. L’altro è un cittadino austriaco, il trentenne Christian Kozel. Il ministro dei Trasporti e della Difesa ha aggiunto che le autorità stanno indagando sulla pista del terrorismo in collaborazione con l’Fbi.
Il ministro dei Trasporti e della Difesa della Malaysia, Seri Hishammuddin, ha precisato che tra i nomi dell’elenco dei passeggeri sono quattro quelli che destano sospetti. Tutti e quattro i biglietti erano stati acquistati tramite la China Southern Airlines. A bordo del volo erano 227 passeggeri e 12 membri dell’equipaggio. Secondo più fonti, fin dai primi momenti si era diffusa la notizia che a bordo c’era anche un passeggero italiano. Ma Luigi Maraldi, 37 anni, ha subito chiamato casa tranquillizzando tutti. Si trovava in Thailandia e non fra le persone sul velivolo che ha perso i contatti con la torre di controllo.
La compagnia aerea ha fatto sapere che il pilota alla guida del velivolo era un 53enne con oltre 18mila ore di volo alle spalle, affiancato da un primo ufficiale di bordo di 27 anni. Critiche non sono però state risparmiate alla compagnia aerea, vista anche l’assenza di notizie in merito, che si è protratta per ore. La notizia della scomparsa dell’aereo è arrivata dopo che l’aereo sarebbe già dovuto essere atterrato.
Nella lista passeggeri c’era anche il nome di un italiano tra le persone a bordo di un volo della Malaysian Airlines che nella notte fra venerdì e sabato ha perso il contatto con la torre di controllo. Ma sabato è arrivata la conferma che l’uomo si trova sano e salvo in Thailandia. Il Boeing 777-200 portava 239 persone a bordo, le sue tracce sono sparite nella notte mentre sorvolava il mare a sud del Vietnam, due ore dopo la partenza da Kuala Lumpur. Il volo era diretto a Pechino.
L’aereo MH370 era partito 41 minuti dopo la mezzanotte, per un viaggio che sarebbe dovuto durare sei ore. Tra i 239 passeggeri c’erano 153 cinesi, 38 malesi, 12 indonesiani, ma anche australiani, europei e americani.
Secondo le autorità vietnamite, il velivolo è precipitato in mare un minuto prima di entrare nello spazio aereo nazionale, a 300 km dall’isola di Tho Chu, tra il Golfo di Thailandia e il Mar cinese meridionale. Fuad Sharuji, il vice presidente della Malaysia Airlines, ha precisato che nel momento in cui ha perso contatto con la torre di controllo il Boeing volava a 35.000 piedi (10.670 metri) di altitudine e che i piloti non avevano segnalato problemi di nessun genere.
Il dato che preoccupa è che non sembra esserci stato alcun messaggio di allarme da parte del pilota o di altri membri dell’equipaggio, prima di perdere il contatto con la torre di controllo.
Sebbene il segnale del velivolo non sia stato ancora identificato, è stata organizzata un’operazione di soccorso in collaborazione tra le autorità di Vietnam, Cina e Malaysia. Secondo media cinesi due navi della marina di Pechino si sono dirigette verso la zona, già sabato. Domenica le ricerche sono riprese in mare.