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Gli animali domestici fanno sempre più parte della nostra vita ma cosa succede al cane di famiglia o al gatto in caso di separazione? La domanda non è certo futile: secondo l’ultimo rapporto Assalco – Zoomark sono circa 60 milioni gli animali domestici in Italia. Il report, curato da Assalco (Associazione Nazionale tra le Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia) e da Zoomark International, con il contributo di IRI Information Resources e dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI), ha conteggiato in quasi 7 milioni i cani, circa 7,5 i gatti, a cui si aggiungono 30 milioni di pesci, 13 milioni di uccelli, oltre a rettili e altri piccoli mammiferi. Secondo le statistiche dell’associazione italiana difesa animali ed ambiente Aidaa, con i divorzi sono aumentate anche le richieste di cosa fare degli amici a quattro zampe in caso di separazione: ecco un piccolo vademecum con tutto quello che c’è da sapere.
Molte coppie e famiglie si trovano nella situazione di non sapere cosa fare del cane o del gatto di famiglia di fronte a una separazione o una causa di divorzio. L’animale domestico è un membro della famiglia a tutti gli effetti e come tale andrebbe trattato anche di fronte alla legge che però al momento non ha dato la parola definitiva.
In Senato da tempo giace il disegno di legge N. 1392 che chiede di aggiungere il “Titolo XIV-bis degli animali” al codice civile, in particolare l’art. 455-ter (Affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi) che recita, “in caso di separazione di coniugi, il tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o comunione dei beni e da quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, i conviventi e la prole, e acquisito, se necessario, il parere degli esperti di comportamento animale, ne attribuisce l’affido esclusivo o condiviso alla parte in grado di garantire loro la sistemazione migliore inerente il profilo della protezione degli animali.
Il tribunale ordinario è competente a decidere, ai sensi del primo comma, in merito anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio”.
Al momento, in mancanza di un testo di legge definitivo, la scelta spetta agli ex coniugi. Questo perché l’affidamento degli animali domestici in caso di separazione può essere oggetto di un accordo di separazione e risultare nella spartizione dei beni tra gli ex coniugi, ma non rientra nei poteri concessi al giudice in sede di separazione che sono elencati dagli articoli 155 e 156 del codice civile.
Devono essere gli ex coniugi a decidere a chi affidare l’animale e come dividersi le spese. Se la coppia trova un accordo, allora il cane o il gatto di famiglia rientra a pieno titolo nella spartizione dei beni e può rientrare nelle disposizioni finali; se invece l’accordo viene raggiunto dal giudice, questi non ha la possibilità di decidere della sorte dell’animale domestico.
In Italia ci sono diversi casi di sentenze che riguardano la sorte del cane o del gatto di famiglia in caso di separazione. A Milano, il tribunale ha confermato l’accordo stabilito dagli ex coniugi che affidava i gatti della coppia alla donna per mantenere la familiarità della casa e la continuità dell’affetto della figlia, prevedendo il mantenimento a carico della signora e, in merito alle spese straordinarie, il concorso da parte dell’ex marito.
Il tribunale di Cremona ha invece confermato l’affido congiunto di un cane, stabilendo il periodo di 15 giorni per ciascun coniuge e intervenendo quando l’ex marito violò l’accordo, portandosi il cane per un mese in vacanza: in quel caso, il Tribunale diede ragione all’ex moglie e stabilì un periodo successivo di custodia più lungo.
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