La Procura generale di Milano ha dato parere favorevole all’istanza di affidamento terapeutico in comunità presentata dai legali di Alberto Genovese. I giudici di sorveglianza decideranno nei prossimi giorni
La difesa di Alberto Genovese ha presentato istanza di affidamento terapeutico in comunità al Tribunale di sorveglianza di Milano dopo che l’ex imprenditore del web era tornato in carcere lo scorso 13 febbraio a seguito della notifica dell’ordine di esecuzione della pena detentiva.
L’ex fondatore di start up digitali, Alberto Genovese, è stato condannato, in via definitiva, a 6 anni, 11 mesi e 10 giorni di reclusione per due casi di violenza sessuale perpetrata in danno di due modelle, prima stordite con un mix di droghe (cocaina e ketamina).
Genovese, attualmente detenuto nel carcere di Bollate (Seconda Casa di Reclusione di Bollate) era stato arrestato nel novembre 2020. Rimasto nel carcere milanese di San Vittore (Casa circondariale “Francesco di Cataldo“) sino al luglio 2021, quando era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari da eseguirsi, con braccialetto elettronico, all’interno della comunità terapeutica Crest di Cuveglio (VA) per disintossicarsi.
Aveva poi fatto rientro in carcere il 13 febbraio scorso a seguito della notifica dell’ordine di esecuzione di pena definitiva, che gli era stata ridotta avendo rinunciato a proporre appello dopo la condanna avvenuta nell’ambito del rito abbreviato, alla luce della nuova disciplina processuale voluta dall’ex ministro della Giustizia Marta Cartabia.
L’udienza
Nel corso della giornata di ieri si è tenuta, dinanzi al Tribunale di Sorveglianza di Milano (dott.ssa Roberta Cossia in qualità di Presidente, dott. Simone Pietro Luerti in veste di relatore e due esperti), l’udienza per discutere l’istanza presentata dalla difesa.
Alla base della richiesta di misura alternativa alla detenzione di affidamento terapeutico, avanzata dai legali di Genovese, vi sarebbe anche la scelta di quest’ultimo sposarsi.
Nel dicembre scorso Genovese, infatti, mentre si trovava agli arresti domiciliari in comunità, si è unito in matrimonio con una donna con la quale aveva avuto già in passato una relazione sentimentale. La difesa di Genovese ha sottolineato che il matrimonio fa parte del cammino di fuoriuscita dal tunnel della tossicodipendenza e che l’ex imprenditore ha preso questa scelta liberamente, senza subire alcun tipo di pressione da parte dei magistrati.
Sottraendo il periodo già scontato per la misura cautelare (la cd. carcerazione preventiva), di poco superiore ai 2 anni, unitamente ai 6 mesi di liberazione anticipata, il residuo di pena che l’imprenditore digitale deve ancora scontare è inferiore ai 4 anni.
Stando alla disciplina che regola l’esecuzione della pena e l’ordinamento penitenziario, l’affidamento terapeutico in comunità si può richiedere – e concedere – quando la pena ancora da scontare non sia superiore ai 6 anni.
Tutti fatti che che hanno portato il sostituto Procuratore Generale, il dott. Giuseppe De Benedetto, a rendere parere favorevole alla richiesta avanzata dalla difesa.
I giudici di sorveglianza delibereranno nei prossimi giorni.