È affondato un peschereccio cinese nell’Oceano Indiano: si contano 39 dispersi, tra cui marinai filippini, indonesiani e cinesi.
La notizia del rovesciamento del peschereccio cinese nell’Oceano Indiano centrale, con la conseguente dispersione dei 39 membri dell’equipaggio, è – senz’altro – preoccupante.
Secondo quanto riferito dai media di Pechino, l’equipaggio era composto da 17 marinai cinesi, 17 indonesiani e 5 filippini.
Al momento, non si hanno notizie sulla loro sorte. Le cause dell’incidente sono ancora sconosciute, ma è probabile che le avverse condizioni meteorologiche abbiano giocato un ruolo importante.
Secondo quanto riportato dall’emittente statale CCTV, finora non è stato trovato nessun disperso in seguito al rovesciamento del peschereccio cinese nell’Oceano Indiano centrale.
Il presidente Xi Jinping ha già ordinato un’operazione di ricerca e salvataggio per tentare di trovare i membri dell’equipaggio scomparsi.
La nave apparteneva alla società cinese Penglai Jinglu Fishery Co, specializzata nel settore della pesca. L’imbarcazione è affondata intorno alle 3 del mattino ora locale di Pechino.
Una serie di soccorritori, provenienti da paesi diversi, tra cui l’Australia, sono arrivati sul posto per supportare le operazioni di ricerca e salvataggio, a cui parteciperanno anche due navi cinesi.
Come riportato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), la Cina ha attualmente la più grande flotta di pesca d’altura del mondo, con circa 564.000 navi nel 2022.
La pesca rappresenta una sfida significativa per le autorità cinesi poiché la massiccia flotta cinese ha causato problemi di sovrapesca nelle acque locali e internazionali.
In risposta a ciò, il governo cinese ha preso misure per limitare la pesca illegale e non regolamentata e ha implementato politiche per ridurre la capacità di pesca della sua flotta.
Tuttavia, l’incidente del peschereccio cinese nell’Oceano Indiano ricorda – ancora una volta – l’importanza di garantire la sicurezza dei pescatori e dell’equipaggio a bordo delle navi e di mantenere alto il livello di sostenibilità delle risorse ittiche a livello mondiale.
La pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata è un fenomeno in continuo aumento, con conseguenze dannose per l’ambiente marino e l’economia delle comunità costiere.
Uno dei principali problemi legati alla pesca illegale è rappresentato dall’uso di navi che rimangono in mare per mesi o anni, sostenute dalle agenzie di sicurezza marittima cinesi e da una vasta rete di navi di supporto.
Secondo un rapporto pubblicato dal Trygg Mat Tracking nel 2021, il numero di pescherecci di calamari in alto mare nell’Oceano Indiano è aumentato di sei volte dal 2016.
Questo fenomeno si verifica a seguito dell’utilizzo di navi che rimangono in mare per periodi prolungati, senza alcun tipo di controllo o monitoraggio.
I pescherecci cinesi che operano illegalmente raramente rispettano le norme internazionali in materia di sicurezza marittima.
In tal senso, oscurano il proprio dispositivo di tracciamento obbligatorio, rendendo difficile individuare la loro posizione esatta e verificare eventuali attività illegali.
Questo comporta un rischio non solo per i pescatori stessi, ma anche per gli equipaggi impegnati in missioni di salvataggio o recupero. Nel caso di un’eventuale tragedia sul mare, gli sforzi di salvataggio e recupero potrebbero diventare molto più complicati.
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