La situazione in Afghanistan sta peggiorando di ora in ora e i talebani sembrano aver preso una direzione ben chiara, che mira alla segregazione e all’emarginazione delle donne. Un professore ha manifestato in diretta TV contro il divieto allo studio e uno stralcio del filmato ha fatto il giro dei media internazionali.
Anche le Ong hanno preso parola dopo il divieto introdotto, il 24 dicembre, che vieta loro di assumere donne e questo complica le attività delle organizzazioni non governative, che puntano molto sull’appoggio femminile per riuscire a dare aiuto alla popolazione in difficoltà. Un colpo importante agli aiuti umanitari, che si va ad aggiungere alla dura persecuzione verso le donne che sta attuando il governo talebano. La crisi umanitaria parla chiaro e senza l’aiuto esterno il popolo afghano già allo stremo rischia di vedere una delle crisi più spaventose mai viste nel Paese.
Afghanistan, nuova persecuzione nei confronti delle donne
Quello che sta accadendo in Afghanistan è proprio ciò di cui avevano paura i cittadini e sopratutto le donne. La fascia più debole della popolazione, ovvero quella femminile, vede un drastico peggioramento delle condizioni di vita e un ritorno al passato più buio.
Il governo dei talebani ha ripreso il comando della Nazione nell’agosto 2021, dopo avere concordato con le forze occidentali e soprattutto con gli Stati Uniti, che per anni e anni hanno presenziato sul territorio, un piano da rispettare che comprendeva il rispetto dei diritti umani e sopratutto di quelli femminili. Nel corso dell’occupazione Usa, all’interno dell’Afghanistan, le donne hanno raggiunto conquiste, che hanno dato loro lo spiraglio di poter avere un futuro e un’identità personale.
Anche soltanto poter andare a fare la spesa o poter praticare sport è qualcosa che ha dato un senso diverso alle donne afghane. Per noi azioni semplici e quotidiane che però per le donne afghane hanno un valore inestimabile. Uno dei punti che ha avuto una svolta favorevole ed è stata accolta con enorme entusiasmo, è stato il poter studiare e poter avere un percorso accademico. Per le donne afghane rappresentava la possibilità di un futuro e all’epoca addirittura un futuro in Afghanistan.
Tutto però è precipitato in pochi mesi dal subentro del nuovo governo talebano, che ha piano piano calpestato tutti i diritti che erano stati acquisiti dalle donne. È stato introdotto nuovamente il divieto di uscire da sole e serve necessariamente un accompagnatore maschile della famiglia per entrare nei negozi. È stato nuovamente vietato lo sport e l’accesso a piscine e palestre.
Le donne non possono nemmeno andare nei parchi pubblici e anche ai luna park con la famiglia. I talebani voglio riportare la donna alla condizione in cui era prima, ovvero sottomessa e ubbidiente all’uomo, senza opinioni e ambizioni. Proprio per questo concetto è stato vietato alle donne di frequentare le università e questo ha scatenato un vero putiferio anche mediatico dato che l’istruzione è un diritto inviolabile. Ma anche per la crudeltà dei talebani nel privare di qualsiasi sbocco sociale le donne ha generato malcontento globale.
In risposta le autorità talebane hanno introdotto il divieto di assumere donne alle Ong presenti sul territorio, sia nazionali che internazionali. Una situazione che ha preso di sorpresa le numerose organizzazioni presenti, che vedono così sfumare il lavoro fatto fino ad ora, ma sopratutto quello in programma.
Il dissenso delle donne afghane si è fatto sentire e gruppi di studentesse hanno manifestato per riavere il diritto all’istruzione, nonostante non sia facile in quando i talebani non approvano le prese di potere e la violenza è quotidianità.
Il professore che ha strappato i diplomi in Tv e il grido d’aiuto delle Ong
La situazione in Afghanistan sta attirando la solidarietà internazionale, in quanto nelle ultime settimane si è andati via via verso una privazione dei diritti femminili che è tornata a gettare nel buio le donne afghane. Lo studio è qualcosa che preme enormemente alle ragazze afghane e che può dare loro un futuro ma sopratutto è un diritto inviolabile.
Questo ha fatto sì che anche i professori e gli stessi studenti maschi abbiano reagito con stupore e hanno manifestato il disaccordo riguardo alla presa di posizione. Molti uomini hanno deciso di lasciare gli atenei in solidarietà al popolo femminile che è preso di mira dai talebani. La presa di posizione di un professore afghano ha fatto il giro del mondo.
Il frammento estrapolato dalla trasmissione di Tolo News è stato condiviso dall’ex consulente del governo britannico Shabnam Nasimi. Mostra chiaramente il professore strappare i suoi diplomi, tra cui la laurea, con evidente nervosismo data la situazione dell’istruzione attuale in Afghanistan.
L’uomo ha affermato che il governo afghano ostacola lo studio e non è accettabile per i docenti, tanto quanto per gli studenti, che si vieti la possibilità di studiare. L’estratto del discorso riporta le seguenti parole pronunciate dal docente: “Non mi servono più questi diplomi. Se mia sorella e mia madre non possono studiare mi rifiuto di accettare questo sistema”. Il video è diventato virale ma non è stata l’unica protesta o richiesta pubblica dato che la situazione sta peggiorando repentinamente senza che nessuno si preoccupi nel concreto di come sta vivendo il popolo e della sofferenza che sta attraversando.
Le Ong hanno chiesto di poter chiarire la questione al più presto dato che quello che stanno vivendo le donne è qualcosa di crudele e meschino. Il governo talebano punta prima a privare la donna della propria identità senza curarsi della crisi umanitaria che sta dilagando e che può soltanto peggiorare, privando i cittadini degli aiuti esteri che danno loro sostentamento quotidiano.
Le organizzazioni hanno spiegato che è impossibile operare efficacemente sul territorio ma soprattutto rende difficile inserirsi nelle famiglie bisognose. Anche la Ong italiana Intersos ha spiegato: “Con noi lavorano 340 donne in Afghanistan. Al di là delle questioni di principio, è cruciale per le attività che svolgiamo: si tratta in larga misura di attività salvavita, quindi in gioco c’è la vita di persone che dipendono dalla nostra assistenza.”
E ha proseguito spiegando: “ci aspettiamo che questo annuncio venga annullato, in quanto tale divieto rappresenterebbe un inaspettato e inaccettabile passo indietro rispetto a quanto previsto e impedirebbe l’attuazione di attività umanitarie fondamentali, con una conseguente riduzione degli aiuti forniti alle persone più vulnerabili nella società afgana, e quindi, con il rischio di mettere in pericolo un ulteriore, imprecisato, numero di vite. Ora è in corso un delicato confronto tra ong, agenzie internazionali e autorità talebane”.
Molte organizzazioni sono preoccupate per il futuro delle donne e per il fatto che due terzi della popolazione afghana vive in estrema povertà. Senza adeguate cure mediche e senza un appoggio governativo concreto.
WeWorld ha riassunto benissimo, nella propria dichiarazione, perché la preoccupazione di chi, come loro, vive quotidianamente la difficoltà delle donne e del popolo in Afghanistan, è ai massimi livelli. La Ong ha affermato: “Sono oltre 2 milioni le donne capofamiglia, rimaste sole a causa dell’alto tasso di uomini morti nei recenti conflitti, della pandemia e di altre malattie diffuse. Le restrizioni imposte rendono loro di fatto impossibile lavorare o anche solo chiedere l’elemosina, è raro quindi che possano contare su una fonte di reddito. Questa privazione d’indipendenza economica mette in pericolo la sopravvivenza e l’accesso al cibo, per loro e la loro famiglia.”
Concludendo con: “In questo momento la situazione è molto delicata, stiamo lavorando in sinergia con altre ong, gli alti rappresentanti delle Nazioni Unite e le autorità de facto del Paese, sperando che portino ad una revisione e annullamento del provvedimento che colpisce le donne lavoratrici umanitarie. Siamo molto preoccupati in quanto una sospensione prolungata delle operazioni di aiuto umanitario in particolare a supporto delle donne afghane potrebbe avere”.