Una guerra iniziata vent’anni fa, un’occupazione occidentale che ha provato a mantenere la pace e instaurare la democrazia con scarso successo: dopo il ritiro nei mesi scorsi delle truppe USA e NATO, i talebani si sono ripresi l’Afghanistan.
Il paese mediorientale non conosce in realtà pace da oltre quarant’anni: prima l’URSS e la conseguente resistenza, poi la guerra civile, poi gli estremisti al comando, gli attentati dell’11 settembre e infine i bombardamenti americani e la presenza miliare dei paesi occidentali, Italia compresa.
I talebani, letteralmente “gli studenti del Corano”, intenzionati a instaurare una teocrazia il più aderente possibile al testo sacro dell’Islam e appoggiati da paesi come Pakistan e soprattutto Qatar (dove hanno il loro ufficio politico), con la fine dell'”intrusione” straniera hanno potuto riprendere il paese dove lo avevo lasciato nel 2001, riconquistando la Capitale Kabul. Questo potrebbe significare un problema molto grave per diritti umani e civili, soprattutto per donne e bambini.
Il presidente afghano Ashraf Ghani ha lasciato il paese rifugiandosi in una località segreta, cedendo il passo all’Emirato islamico dell’Afghanistan, il cui leader Abdul Ghani Baradar fa sapere dal Qatar che l’intenzione è quella di creare un nuovo corso politico nel nome del rispetto di tutti i cittadini e della pace. Niente violenza, nessuna conseguenza sugli stranieri, rispetto dei diritti delle donne.
Intanto però, tantissimi cittadini afghani hanno invaso ieri notte gli aeroporti per tentare la fuga, memori del durissimo regime, e altrettanti proveranno a farlo nei prossimi giorni, cercando asilo politico in altri paesi.
Afghanistan: la delegazione Italia è di ritorno
Come per tutti gli altri paesi, anche all’Italia è toccato lasciare l’ambasciata: il primo volo con il personale diplomatico e alcuni collaboratori ha lasciato l’Afghanistan ieri sera come ha annunciato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Nei prossimi giorni verranno rimpatriati anche altri connazionali.
L’Italia accoglierà per ora circa 230 afghani che hanno collaborato nel corso degli anni: il rischio di ripercussioni è molto alto, nonostante le prime parole concilianti dei talebani.