Si è ormai giunti al 180esimo giorno di guerra: mentre sul campo di battaglia la situazione permane pressoché stabile con qualche sortita in avanti da entrambi gli schieramenti, sul fronte politico-diplomatico continuano gli attacchi verbali e le accuse reciproche tra Russia e Ucraina.
Mentre prosegue il problema della gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhya, attualmente occupata dai russi e molto vicina ai luoghi degli scontri di questi giorni, a tenere banco in particolare sono le indagini intorno alla morte di Darya Dugina, figlia di Alexandr Dugin, ideologo del neo-zarismo putiniano.
Il 20 agosto Darya Dugina, figlia del filosofo e politologo russo Alexandr Dugin, è morta a causa di un attentato che ne ha fatto saltare in aria la vettura mentre la trentenne ne era alla guida. Da quel momento vi sono scambi quotidiani di accuse tra Mosca e Kiev su moventi e mandanti del gesto.
Sui moventi vi sono ben pochi dubbi in verità: Dugina era una ferma sostenitrice delle idee ultranazionaliste e reazionarie del padre, fondate su una visione “tradizionale” (retrograda sarebbe un aggettivo più adatto) e bellicista della Russia e del suo ruolo in Europa. Nonostante l’attivismo della ragazza, in molti ritengono che il vero obiettivo dell’attentato fosse lo stesso Dugin, che fortuitamente non si trovava sul mezzo.
Il Cremlino ha da subito accusato l’Ucraina di aver compiuto un gesto che certifica la natura terroristica del regime di Kiev; insinuazione immediatamente respinta al mittente dal governo Zelensky, che si dichiara estraneo all’evento, il quale invece si avvicinerebbe maggiormente al modo con cui Mosca conduce la sua politica interna ed internazionale.
Nel frattempo l’FSB, la polizia segreta russa, afferma di aver individuato nella 43enne ucraina Natalya Vovk l’esecutrice materiale dell’assassinio, i cui mandanti sarebbero i servizi speciali ucraini.
La donna avrebbe soggiornato per alcune delle settimane precedenti l’attentato nello stesso civico della Dugina e, dopo aver azionato a distanza l’ordigno responsabile dell’esplosione mortale, si sarebbe rifugiata in Estonia, Paese membro di UE e NATO.
Nondimeno sarebbe emersa un’altra pista: l’attacco sarebbe difatti stato rivendicato da un gruppo di dissidenti russo oppositivo al regime di Putin. Tale formazione si sarebbe autodefinita “Esercito repubblicano nazionale russo” ed il suo intento sarebbe quello di destabilizzare il Paese al fine di provocare la caduta di Vladimir Putin, apostrofato dalla stessa milizia irregolare come “usurpatore” e “criminale di guerra”.
Se ciò fosse vero, il gruppo starebbe tentando di creare instabilità in Russia con l’intento probabile di spingere sempre più persone ad opporsi alla guerra in Ucraina ed al regime putiniano poiché spaventate dalla spirale di tensione che potrebbe originarsi all’interno della nazione ex-sovietica.
Intanto, forse proprio in risposta all’attentato che per i russi è opera di Kiev, si intensificano i bombardamenti sulle città ucraine, i quali hanno costretto il presidente Zelensky a vietare assembramenti per i prossimi giorni, anche in vista della festa nazionale di indipendenza fissata per il 24 agosto.
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