[didascalia fornitore=”ansa”]Roberto Spada durante l’intervista con l’inviato di Nemo Daniele Piervincenzi[/didascalia]
Roberto Spada sarà trasferito nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo, in provincia di Udine. La decisione arriva perché il carcere di Regina Coeli, dove è stato trasferito dopo il fermo da parte dei Carabinieri, non è attrezzato a questo tipo di detenzione mentre per le altre case circondariali del Lazio non ci sono le condizioni ambientali per ospitarlo. A Tolmezzo è detenuto anche Salvatore Buzzi, il re delle cooperative, condannato nel processo “Mondo di mezzo”. Spada era stato fermato dai Carabinieri con l’accusa di lesioni aggravate dal contesto mafioso; contestata anche l’aggravante dei futili motivi il giorno dopo l’aggressione a Daniele Piervincenzi, reporter della trasmissione di Rai2 “Nemo”.
Il fermo di Spada è arrivato dopo che per un’intera giornata e più non era successo nulla. Eppure le immagini della testata con cui rompe il setto nasale al giornalista e, non contento, lo insegue con quello che sembra un manganello, colpendo lui e il cameraman, sono chiare. Allora perché non è stato arrestato subito? Perché, dopo aver picchiato un giornalista che faceva solo delle domande, è tornato nella palestra che gestisce a Ostia come se nulla fosse? Perché manca la flagranza di reato. Il giornalista infatti non ha chiamato subito le forze dell’Ordine anche perché è stato operato d’urgenza al setto nasale e ha sporto denuncia il giorno dopo. Questo significa che ora bisognerà aspettare i tempi della giustizia.
Il primo motivo dunque è che mancava la flagranza di reato che è l’unico requisito previsto dal nostro ordinamento per l’arresto immediato. Come ha spiegato Repubblica, se il giornalista avesse avvisato subito, le forze di polizia lo avrebbero beccato in quasi flagranza, facendo scattare il fermo. Le immagini che stanno rimbalzando da ore sembrano farci vivere l’aggressione in diretta, mentre invece è avvenuta il giorno prima: il tempo che Piervincenzi si facesse ricoverare e sottoporre a un intervento d’urgenza che la flagranza era svanita.
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Questo non significa che non c’è stata una denuncia, anzi. Il giornalista l’ha fatta il giorno dopo, il che ha fatto partire la macchina della giustizia. Del caso se ne stanno occupando i magistrati della Direzione distrettuale antimafia: per lui le accuse sono di lesioni personali aggravate dal contesto mafioso.
[didascalia fornitore=”ansa”]Spada, al centro, con Luca Marsella di CasaPound (s)[/didascalia]
Il motivo per cui Roberto Spada ha aggredito il giornalista di “Nemo” sono le domande che lo stesso gli stava facendo. Piervincenzi era a Ostia, davanti alla palestra di Spada, per chiedergli del suo appoggio a Luca Marsella, candidato di CasaPound con il quale aveva anche fatto una foto a braccetto, pubblicandola sul suo profilo Facebook.
Il giornalista stava indagando sui rapporti tra Casapound, formazione di estrema destra che si richiama al fascismo, e la famiglia Spada, una delle più potenti a Ostia, con diversi esponenti in carcere per diversi reati e con l’aggravante del metodo mafioso. Ricordiamo che il comune di Ostia è stato sciolto per mafia dopo l’inchiesta “Mondo di Mezzo” e che gli Spada sono solo uno dei clan che si contendono il territorio in una situazione di forte illegalità: tra i loro racket, quello delle case popolari e il controllo di una delle piazze di spaccio ostiense.
Il solo motivo per cui Roberto Spada ha dato una testata al giornalista erano le domande su Marsella e il rapporto con CasaPound.
Nella sua versione, pubblicata su un post di Facebook – poi cancellato – Spada sembra invece giustificare il gesto come una sorta di legittima difesa. “Io comprendo e rispetto il lavoro di tutti”, scriveva l’insegnante di boxe. A suo dire “dopo un’ora e mezza di continuo ‘non voglio rilasciare interviste”, il giornalista avrebbe tentato di “entrare con forza in un’associazione per soli soci, disturbando una sessione e spaventando mio figlio”. Da lì la reazione, dovuta anche al fatto che “negli ultimi 10 giorni almeno 30 giornalisti sono venuti a scoglionare”.
Roberto Spada è noto per essere componente di una delle famiglie più potenti di Ostia. Gestore di una palestra e insegnante di boxe, è il fratello di Carmine Spada, il boss del clan noto come “Romoletto”, condannato in primo grado a 10 anni di reclusione per estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.
La famiglia Spada, di origine sinti (non a caso ha ispirato gli “zingari” della serie tv “Suburra”), da anni è nel mirino degli inquirenti per diversi reati, dall’usura all’estorsione, spaccio di droga e sfruttamento delle concessioni demaniali del litorale. Il capoclan, Enrico, è morto nel 2016 e ha lasciato gli “affari di famiglia” ai figli Carmine, Ottavio, Vincenzo e Roberto: i fratelli del boxeur, dal carcere insistono nel dire che lui non fa parte del clan.
All’inizio di ottobre sette componenti degli Spada sono stati condannati, in totale, a più di 50 anni di carcere, nell’ambito dell’inchiesta ribattezzata “Sub Urbe”, in quella che è la terza sentenza che riconosce la mafiosità del clan Spada.
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