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Categories: Cronaca

Agromafia: quali sono e come funzionano i business criminali legati alla terra

Cosa sono le agromafie? Si definiscono agromafie tutte quelle attività svolte dalla criminalità organizzata che riguardano il mondo dell’agricoltura e tutta la filiera del settore alimentare, in genere. Ovviamente si tratta di attività illecite che vanno a inquinare il sano mercato dell’agroalimentare italiano, e questo accade principalmente per gli ingenti interessi economici che ruotano intorno a questo settore, uno dei più produttivi di tutta l’economia nazionale. Quando parliamo di agromafia, quindi, stiamo parlando di una contaminazione criminale di un intero tessuto produttivo che va dalla produzione di materie prime e cibo, alla loro trasformazione, passando per trasporto e distribuzione, finendo al commercio al dettaglio, fino alla ristorazione.

Il giro d’affari stimato lo scorso anno è salito a 21,8 miliardi di euro con un +30 per cento rispetto al 2015. I dati del fenomeno sono allarmanti, segno che nonostante la crisi economica, le sacche criminali nel mondo dell’agricoltura e dell’agroalimentare sanno come agire per mettere a segno contraffazioni, frodi e truffe finalizzate a ripulire, a riciclare il denaro sporco frutto di proventi illegali legati ad altre attività criminali, come l’estorsione, le scommesse clandestine, l’usura, il controllo degli appalti pubblici, il traffico di droga e di merci di contrabbando contraffatte, e non ultimo lo sfruttamento della prostituzione.

COSA SONO LE AGROMAFIE
Quando parliamo di agromafie non dobbiamo pensare al bandito con la coppola e la lupara che pascola il gregge in campagna, perché in realtà le organizzazioni criminali si muovono come articolate holding finanziarie con coperture ‘pulite’ che rendono difficile rintracciare i responsabili. Non c’è un solo ambito di attività, ad esempio nel reclutamento della mano d’opera a basso costo per la raccolta nei campi, perché in effetti la criminalità che fa affari loschi con l’agricoltura arriva su tutta la filiera: dagli allevamenti di animali da macello e dal campo si passa alla distribuzione e alla vendita delle merci nei mercati ortofrutticoli o via internet, dalla ristorazione al dettaglio si arriva fino allo smaltimento dei rifiuti. Addirittura ci sono casi di infiltrazioni mafiose per quanto riguarda il turismo agricolo e lo sfruttamento degli animali per business che gli esperti chiamano ‘zoo mafia’.

COME AGISCONO LE AGROMAFIE
Come agiscono le organizzazioni criminali che fanno i loro sporchi affari nel settore dell’agricoltura? Attraverso investimenti diffusi in tutte le attività del comparto agricolo e della filiera alimentare che consentono il riciclaggio di denaro sporco grazie a prestanome e intermediari compiacenti (imprese, pubblici esercizi, attività commerciali, ecc), con l’import-export di prodotti agroalimentari sottratti ai circuiti legali (furti di marchio, abigeato, macellazione clandestina) e immessi in quelli illegali, ma anche con l’indebito accesso al credito, con truffe atte a reperire fondi pubblici, anche europei, destinati allo sviluppo agricolo.

[npleggi id=” https://www.nanopress.it/economia/2015/05/04/agromafie-giancarlo-caselli-lagroalimentare-attira-le-mafie-perche-resiste-alle-crisi/52801/” testo=”ECCO PERCHE’ L’AGROALIMENTARE ATTIRA LE MAFIE, INTERVISTA A GIAN CARLO CASELLI”]

LE AGROMAFIE DEL PARCO DEI NEBRODI IN SICILIA
Come è facile immaginare, per attaccare la mafia e nello specifico la ‘mafia dei pascoli‘ risulta particolarmente efficace ferirla nel suo cuore economico, non solo attraverso la confisca dei beni, come terreni e casolari agricoli, non solo con la recente legge sul caporalato e lo sfruttamento della mano d’opera, ma anche attraverso l’impedimento di infiltrazione nel sistema finanziario della concessione dei fondi. Un esempio eclatante degli effetti alla lotta alle agromafie è quello del Parco dei Nebrodi in Sicilia, ‘salvato’ dalle mani mortifere della criminalità grazie all’intervento di Giuseppe Antoci, che per le sue azioni ha ricevuto tante intimidazioni culminate con un attentato da cui è incredibilmente uscito indenne.

IL PROTOCOLLO ANTOCI PER COMBATTERE LE AGROMAFIE
Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi, si è messo di traverso per contrastare gli affari mafiosi legati alla cosiddetta mafia dei pascoli, con un ‘protocollo della legalità‘, che disciplina rigorosamente la concessione via asta a privati di uso e affitto di terreni agricoli che si trovano nel Parco dei Nebrodi, concessioni attraverso le quali si può poi fare domanda per ottenere fondi della comunità europea.

Successivamente rinominato ‘Protocollo Antoci‘ dopo la sua estensione in altre zone del territorio italiano, consiste, in pratica, nell’obbligo per i concessionari dei terreni demaniali di presentare il certificato antimafia, al posto di una generica autocertificazione, anche se il valore del terreno è stimato sotto la soglia di 150mila euro. E’ emerso infatti che il valore dei terreni a base d’asta non superava mai i 150.000 euro perché fino a tale valore, nel rispetto di quanto stabilito dal Codice degli Appalti, anziché il Certificato Antimafia era sufficiente presentare una semplice autocertificazione, che di fatto eludeva ogni controllo.

[npleggi id=”https://www.nanopress.it/cronaca/2017/07/25/giuseppe-antoci-il-protocollo-di-legalita-mette-in-ginocchio-la-mafia-dei-pascoli-in-tutta-italia-intervista/180101/” testo=”ANCHE DIETRO AGLI INCENDI BOSCHIVI C’E’ LA MAFIA: INTERVISTA A GIUSEPPE ANTOCI”]

Con questi maggiori controlli antimafia si può impedire l’accesso dei clan mafiosi ai fondi Ue destinati all’agricoltura e accrescere i controlli sull’assegnazione di beni demaniali e sul possesso dei terreni. Grazie al Protocollo finora sono state infatti revocate all’interno dell’area del Parco (quasi 86.000 ettari di superficie e 24 Comuni fra Enna, Messina e Catania) assegnazioni di terreni pubblici per un totale di 4.200 ettari, che avrebbero garantito 2,5 milioni di fondi Agea e Ue. Inoltre, ben 23 aziende su 25 si sono viste rifiutare la certificazione antimafia dalle prefetture di Messina e Enna, per collegamenti con importanti clan mafiosi. Certo, c’è ancora molto da fare, ma grazie all’applicazione nazionale del Protocollo Antoci abbiamo un’arma vera ed efficace in più per lottare e combattere i fenomeni mafiosi ripristinando la legalità.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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