Non c’è solo il campo da gioco in Qatar, non ci sono solo i Mondiali. C’è la politica, la geopolitica, gli affari, e sono tutti seduti in tribuna. A tramare, a organizzare, meglio a pensare come organizzare, o come lo si è già fatto. C’è il sogno delle Olimpiadi, che covano ancora da Doha, c’è quello dell’Expo, che invece interessa più agli emiri sauditi, e a Roma. C’è un passato che torna a galla, un fantasma nell’armadio che non è stato nascosto poi così tanto bene.
E quindi, tra lavoratori migranti che ancora muoiono, tra diritti umani che non hanno sicuramente trovato più spazio di quello che si immaginava, spuntano di nuovo fuori le cose parzialmente scorrette che sono state fatte per convincere la Fifa che il Paese mediorientale fosse il migliore, più degli Stati Uniti, per organizzare il trofeo. E tutto nello stesso giorno in cui, da Bruxelles, sono iniziati gli arresti per corruzione di ex europarlamentari e, addirittura, la vicepresidentessa del Parlamento europeo, e ancora una volta c’entra il Qatar. Nello stesso giorno in cui si celebrano i diritti umani.
Siamo al ventesimo giorno di Mondiali in Qatar, rispetto ai primi tempi qualche risposta si è avuta anche dal campo. La Germania e il Belgio sono tornate a casa dopo la fase a gironi, la Spagna ha lasciato il posto al Marocco per i quarti, il Brasile ha salutato il Paese mediorientale con le lacrime agli occhi, specialmente Neymar, ieri, contro la Croazia, che magari non ha meritato di più, ma ha sicuramente sbagliato di meno, soprattutto nella batteria dei rigori. Stessa batteria che, invece, ha premiato Lionel Messi e compagni, un po’ troppo scomposti comunque nell’esultare di fronte agli olandesi e Louis van Gaal.
Insomma, c’è stato qualcosa di cui parlare, di diverso dai lavoratori migranti che sono morti per costruire gli stadi, dei diritti umani calpestati, di cui oggi si celebra la giornata mondiale. Qualcosa, però, anche all’indomani dell’inizio della fase più divertente, mentre il calcio è iniziato a essere materia interessante, si è tornato a parlare di quello che di poco pulito ha portato i qatarini a ricevere questo gran regalo dalla Fifa per l’organizzazione della prima coppa del mondo invernale.
Che poi, a guardare bene, i regali, i doni, i viaggi e gli alberghi extra lusso pagati sono andati nel verso contrario, perché è stata l’organizzazione presieduta da Gianni Infantino ora e da Joseph Sepp Blatter all’epoca a riceverli. In cambio, appunto, la possibilità di organizzare la prima coppa del mondo in Medio Oriente, e vicina vicina a Natale, a discapito degli Stati Uniti, che si sono potuti consolare solo perché la prossima edizione, assieme a Messico e Canada, saranno loro a metterla a punto.
Anche dopo, però, i qatarini e Tamim bin Hamad Al Thani, l’emiro e presidente ombra del Paris Saint Germain, hanno avuto bisogno di connivenza, silenzio perché qualcuno si era iniziato ad accorgere che qualcosa non andava. Quella decisione, infatti, è stata presa in un tavolo in cui c’erano Nikolas Sarkozy, allora presidente della Francia, e Michel Platini, allora numero uno della Uefa, e Al Thani, ovviamente. Un simposio che ha messo le basi per affari, da svariati soldi, per acquistare aerei, e non solo, perché poi, guarda a caso, l’emiro si è anche comprato la squadra di calcio della capitale francese.
Dettagli, direte, oppure no, perché il tutto faceva parte di un disegno più grande: riaccreditarsi agli occhi del mondo, anche a costo di mietere vittime innocenti, sfruttate per lo più, lo sportwashing in piena regola. A cui la Fifa ha prestato il fianco, e ha ceduto in nome ancora del denaro. Perché qualche settimana prima di quel giorno di dicembre del 2010 in cui il Qatar ha vinto i Mondiali del 2022, Al Jazeera, che è la tv di Stato di Doha, e l’organizzazione hanno sottoscritto un contratto da 400 milioni per i diritti televisivi con un bonus da altri 100 se fossero stati assegnati proprio a loro. Hai visto il caso, lo stesso che ha portato il segretario generale Jerome Valcke a essere squalificato per nove anni e licenziato per corruzione. Ci sono state poi inchieste, da parte di cinque procure, ci sono stati arresti, e i regali, appunto, da barattare con la vita delle persone.
Il disegno, ancora, era quello di intessere relazioni oltre che riaccreditarsi, che quello non è riuscito poi così tanto bene. E per questo che si pensa, si sogna adesso di poter organizzare anche le Olimpiadi del 2036, anche se il caldo asfissiante di agosto potrebbe essere un ostacolo, a cui si ovvierebbe, però, mettendo altri impianti di aria condizionata, così come è successo ora negli stadi che in parte verranno demoliti nel momento in cui il capitano di turno avrà alzato al cielo la coppa del mondo.
Sugli spalti di questi stadi del futuro, che in realtà non lo avranno, si è lavorato anche in vista di altro, dell’Expo del 2030, per esempio. Dopo anni di gelo, infatti, si sono incontrati l’emiro qatarino e il principe saudita, Mohammed bin Salman, con l’obiettivo di portare a Riad l’esposizione universale organizzata sotto la supervisione della Bureau international des Expositions, il Bei, che ora si trova a scegliere tra l’Arabia Saudita, il porto sudcoreano di Busan, Odessa, una delle città più colpite dalle truppe russe in Ucraina, e anche la nostra Roma.
Dei 170 voti disponibili, dicono da Riad, almeno 60/66 andranno a loro, con buona pace di Giorgia Meloni, presidentessa del Consiglio, e Roberto Gualtieri, il sindaco di Roma, che non potranno contare neanche sull’appoggio dei “cugini” francesi, perché anche Emmanuel Macron si è già schierato con il principe saudita, che è anche il proprietario del Newcastle ed è anche colui che ha dato mandato per uccidere il giornalista Jamal Kashoggi nel 2018 in Turchia.
Certo, i rapporti tra l’Italia e l’Eliseo in questo momento non sono proprio ai massimi storici, ma un passo avanti per tornare a una sorta di pace apparente sono stati fatti anche ieri quando, senza neanche tirarla troppo per le lunghe, il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha fatto sbarcare tutti i migranti salvati dalle Ong nei nostri porti.
In ogni caso, un voto solo cambierà di poco, più determinante sarà se il lavorio diplomatico, e il giro di affari, potrebbe rubarcene ancora. Xi Jinping e la sua Cina voteranno per l’Arabia Saudita, la stessa cosa farà la Grecia, che vorrebbe organizzare i Mondiali del 2032 assieme a loro e all’Egitto, anche loro dalla parte dei sauditi esattamente come la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, del Pakistan, dell’Indonesia, di Cuba, del Perù, del Kenya, della Nigeria, del Venezuela, e persino dell’Albania, che avrebbe anche voluto votare per noi, ma poi ha cambiato idea.
E non è detto che non succeda di nuovo, dopo tutto i delegati voteranno in segreto, e quei Paesi che già si sono schierati, nel silenzio e lontani dagli occhi indiscreti di bin Salman, potrebbero anche sparigliare le carte. Intanto, però, il loro segno nel mondo gli Stati del Golfo lo stanno lasciando, sono arrivati persino al Parlamento europeo, provocando un terremoto di cui sentiremo parlare ancora per molto, e anche qua c’entra la corruzione, c’entrano i diritti umani. Gli stessi che, forse, non dovremmo ricordare solo il 10 dicembre, ma dovrebbero animarci nel prendere qualsiasi decisione, specialmente quella di offrire palcoscenici in cui vengono calpestati, martoriati, uccisi, e solo nel nome del potere, e dei soldi.
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