Novità dalla ricerca per quel che riguarda l’Aids, gli studiosi puntano sulla diffusione di una nuova terapia che permetta l’uso di un numero inferiore di farmaci, cosa che consentirebbe anche di ridurre gli effetti collaterali del trattamento. Una semplificazione della terapia che permette nuove possibilità di cura più efficaci e più tollerabili per i pazienti sieropositivi. Gli aggiornamenti sono stati presentati in un incontro che si è tenuto presso l’Università di Siena.
La lotta contro l’AIDS continua, la malattia è ancora saldamente presente anche in Italia dove si calcola che i sieropositivi abbiano un’età media piuttosto avanzata: se nel 2010 era di 44 anni, si stima che nel 2030 sarà di 56,6 anni, con i pazienti con almeno 50 anni che passeranno dal 28% al 73%. Invecchiare con l’infezione si traduce in un maggior rischio di sviluppare non solo tumori, ma anche problemi neurologici, renali e cardiologici.
La speranza di sconfiggere definitivamente la malattia è ancora viva, intanto la ricerca punta a migliorare le terapie disponibili per i malati, sia per facilitare l’assunzione dei farmaci che per migliorare e ridurre i rischi di resistenze o lo sviluppo di reazioni avverse. Spesso è proprio l’aderenza alla terapia a non avere successo, ad esempio nel nostro Paese ancora nel 2017 meno di otto sieropositivi su dieci sono sottoposti al trattamento necessario.
Lo scopo di sperimentare le combinazioni di molecole è ovviamente quello di curare meglio un numero sempre maggiore di persone mantenendo sotto controllo l’infezione da virus Hiv-1, in modo tale che non diventi resistente ai farmaci. La nuova terapia, basata sull’assunzione di due farmaci e non più tre come in precedenza – ribadiscono gli specialisti – limiterebbe molte delle controindicazioni possibili e contribuirebbe a migliorare la qualità della vita di molti malati di Hiv. A patto che si mantenga efficace il controllo della replicazione virale e che venga assicurato l’obiettivo “viremia zero“.
Infatti, la resistenza del virus ad alcuni farmaci anti Aids è un fatto già noto. Accade con i cosiddetti politrattati Hte (cioè circa il 5% dei pazienti trattati, con resistenza ad almeno tre classi di farmaci, e un 3% con ulteriore resistenza agli inibitori dell’integrasi), che non rispondono a diverse linee terapeutiche e vedono progressivamente fallire diversi tentativi di trattamento. La ricerca mira a trovare risposte anche per questi casi.
Carlo Federico Perno, ordinario di Virologia all’Università di Roma Tor Vergata, ci spiega il cambio di paradigma: “L’approccio terapeutico e la semplificazione della terapia devono partire da un’attenta valutazione del paziente e delle caratteristiche virologiche. In passato avevamo, come dogma, l’attacco al virus con tre farmaci. Adesso sappiamo che se un farmaco ha un doppio meccanismo di attacco, può garantire la stessa efficacia di una terapia tripla e migliorare le condizioni dei pazienti che ne possono fare uso”.
L’ultima sperimentazione in merito è dell’azienda farmaceutica ViiV Healthcare che ha sviluppato una terapia basata su due molecole, dolutegravir (Tivicay, ViiV Healthcare) e rilpivirina (Edurant, Janssen Sciences Ireland UC), anziché il classico trattamento basato su tre farmaci.
Per l’esperto, “la ricerca continua e speriamo di arrivare alla cura. Il virus però è subdolo, difficile da debellare, per adesso quindi dobbiamo pensare a semplificare le terapie, rimanendo consapevoli che, in molti pazienti, dovranno essere somministrate per tutta la vita. Ogni persona, quindi, ha esigenze, personalità, condizioni psicologiche, vita professionale e sentimentale particolari, e come tale dovrebbe essere trattata”.
“Per il futuro prossimo è facile preconizzare che, a fianco di terapie classicamente basate su tre farmaci, possa prendere piede un approccio ‘semplificato’ in tutti quei pazienti che possono permettersi una riduzione della pressione farmacologica, utilizzando terapie che continuino a garantire un efficace controllo del virus”, conclude Perno.
In collaborazione con AdnKronos
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