E questo ciò che si scopre a seguito dell’indagine Inapp Plus.
L’analisi dei dati ha affermato che il 50% dei dipendenti continuano a lavorare anche in orari “antisociali” come weekend oppure la notte.
Inapp Plus ha portato avanti un’indagine secondo la quale si è scoperto che il 60% dei dipendenti lavora anche oltre l’orario stabilito facendo quindi degli straordinari anche se un quarto di loro non ottengono nessuna retribuzione in più.
Sono questi dati emersi dallo studio in cui il 15,9% dei lavoratori dipendenti non vengono pagati nel momento in cui fanno straordinari mentre il 50% dei lavoratori continuano ad essere impiegato anche durante degli orari “anti sociali” ossia durante la notte, di sabato e durante i giorni festivi.
In base a ciò che afferma l’indagine Inapp Plus, dopo aver preso sotto esame 400 mila persone con un’età compresa tra i 18 e 74 anni, si è scoperto che il 64,7% degli uomini fa abitualmente degli straordinari mentre, per le donne, la percentuale è del 54,1%.
Esiste poi una piccola fetta, ossia l’8,1%, la quale afferma di essere costretto a lavorare al di fuori dell’orario di lavoro.
Secondo le indagine si scopre anche che il 18,6% dei dipendenti lavora anche oltre l’orario di ufficio, ossia nei festivi e di notte, mentre il 9,1%, è impiegato anche di sabato e nei giorni festivi, escludendo la notte.
Il 19,3% continua a lavorare anche di notte anche se il sabato e nei giorni festivi resta a casa.
Sono gli uomini coloro che vengono impiegati per il lavoro notturno e nei giorni festivi mentre le donne vengono impiegate soprattutto nei giorni festivi e il sabato.
In base alle scoperte fatte, volute esprimere la sua opinione anche Sebastiano Fadda, il presidente dell’Inapp il quale ha affermato che molto spesso la domanda di lavoro porta i dipendenti ad essere disponibili in qualsiasi momento anche se ne risente la vita privata.
Infatti, come afferma il presidente, si tratta di una condizione che per alcuni settori economici, tra cui la sanità o il commercio, il lavoro nei festivi e notturno è strettamente legato alle prestazioni.
In ogni caso è vero anche che tale modalità si va a diffondere anche nei momenti in cui tutto ciò non è necessario.
Sebastiano Fadda è d’accordo sul fatto che è necessaria una riflessione molto seria sull’organizzazione e sulla articolazione del tempo libero e anche sulla distribuzione e sulla quantità.
In base a ciò che afferma il rapporto, possiamo leggere che “una certa rigidità si registra anche sul fronte dei permessi: il 21,3% degli occupati (circa 4,7 milioni) dichiara di non poter o non volere prendere permessi per motivi personali, il 54,8% puo’ prenderli e il restante 23,9% puo’ modulare l’impegno lavorativo. Gli uomini hanno una maggiore autonomia, mentre per le donne si evidenzia la pressione di un contesto che disincentiva l’uso dei permessi”.
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