Nel tessuto complesso della società, le madri sono tradizionalmente considerate figure di amore, affetto e protezione per i propri figli. Troppo spesso, negli ultimi anni, sono però emerse storie che sconvolgono questa immagine idilliaca. La maternità è universalmente considerata uno dei legami più forti e speciali che possono esistere al mondo.
Per questo, le madri che commettono atti di violenza estrema contro i propri figli sono capaci di scardinare alcune certezze reputate dogmatiche. Perché in grado di mettere in discussione le nostre convinzioni sull’amore materno ed in grado di sollevare domande difficili sulle dinamiche psicologiche e sociali che possono portare a tali tragici eventi.
Lo scorso anno Martina Patti uccideva Elena Del Pozzo, di soli cinque anni. E proprio oggi in Corte D’Assise a Catania è in corso la seconda udienza del processo a carico di questa giovane donna assassina. Processo iniziato lo scorso 12 giugno 2023, proprio alla vigilia dell’anniversario di un figlicidio che nessuno mai potrà dimenticare.
Martina Patti è imputata per il reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, simulazione di reato ed occultamento di cadavere. Oggi verranno ascoltati come testimoni i carabinieri che raccolsero la denuncia della donna. Gli stessi che poco dopo scopriranno che Martina Patti altro non era che una madre Medea, che aveva ucciso sua figlia per vendicarsi della felicità di suo padre, Alessandro Del Pozzo. Quest’ultimo, infatti, da qualche tempo, si era rifatto una vita ed aveva accanto una nuova compagna.
Quel maledetto 13 giugno 2022
Elena Del Pozzo è stata vittima di figlicidio. Uccisa dalla persona che più avrebbe dovuto amarla: sua madre. Come ricordato, la tragedia si è consumata il 13 giugno dello scorso anno. Quando Martina Patti, poco più che ventenne, si rivolse alle autorità denunciando il rapimento di sua figlia. Secondo quanto racconto agli inquirenti, tre uomini incappucciati le avevano sottratto Elena all’uscita dell’asilo, a Piano di Tremestieri. Martina Patti raccontava uno scenario agghiacciante.
Nel portarle via la bambina, gli uomini incappucciati avevano fatto chiaramente intendere che si trattava di un regolamento di conti. Questi avevano così fatto cenno al suo ex compagno e padre di sua figlia, Alessandro Del Pozzo, un ventiquattrenne con piccoli precedenti penali per droga. Tuttavia, gli investigatori escludevano sin da subito che il rapimento fosse opera di un’organizzazione criminale. Di conseguenza, il giorno successivo, Martina Patti, la madre, cambiò la sua versione dei fatti. Confessò di essere lei l’assassina di sua figlia e condusse gli investigatori nel luogo in cui era sepolta la piccola Elena. Il cadavere è stato trovato chiuso all’interno di cinque sacchi neri, coperti da uno strato sottile di ciottoli e cenere vulcanica.
Che cosa ha spinto Martina Patti ad uccidere sua figlia?
Martina Patti non ha mai rivelato il movente. Ma, da quel che è emerso dalle indagini, la donna non tollerava che l’ex compagno si fosse rifatto una vita dopo la fine della loro relazione. Uno dei fattori principali che possono portare una madre a uccidere i propri figli come vendetta nei confronti dell’ex partner è la presenza di un profondo accumulo di rabbia e risentimento nei confronti dei medesimi. Un accumulo capace di generare un forte e patologico senso di ingiustizia e desiderio di vendetta nella madre stessa.
Questo è verosimilmente successo a Martina Patti. Che prima di ucciderla ha visto Elena come estensione dell’ex compagno. Come l’unico modo per infliggere dolore e punizione. In altri termini, è stata spinta da pensieri distorti e capaci di far apparire il figlicidio come l’unico strumento per ferire l’ex. Per Martina, così come per la maggior parte delle madri assassine, l’uccisione di Elena ha costituito l’estremo tentativo di riprendere il controllo della situazione, dimostrare potere su Alessandro del Pozzo e condannarlo alla massima sofferenza emotiva possibile.