Questa mattina, dopo un processo che durava da cinque anni e mezzo e che vedeva coinvolti 68 imputati, la Corte d’Appello di Atene ha condannato il leader di Alba Dorata, Nikos Michaloliakos, sei ex deputati (Ilias Kasidiaris, Ioannis Lagos, Christos Pappas, Artemis Matthaiopoulos, Ilias Panagiotaros e Giorgos Germenis) e diversi altri rappresentanti del partito per associazione criminale. Ora rischiano fino a quindici anni di carcere.
È stato dunque reso di fatto illegale il partito d’ispirazione neo-nazista greco: nel 2012 era arrivato a rappresentare la terza forza in Parlamento con il 7% dei voti in seguito alla forte crisi finanziaria che aveva colpito la Grecia. Oggi, dopo essere sceso sotto il 3% nel 2019, non ha più deputati.
Un militante del movimento di ispirazione nazionalista e metaxista, Georgios Roupakis, è stato inoltre ritenuto colpevole per l’omicidio del rapper e attivista trentaquattrenne Pavlos Fyssas, in arte Killah P, accoltellato al cuore ad Atene nel 2013. Michaloliakos, leader di Alba Dorata, venne subito informato al telefono dopo l’omicidio. Roupakis ora rischia l’ergastolo.
La sentenza è stata definita dai media greci e dalla Presidente della Repubblica Ellenica Aikaterinī Sakellaropoulou come “storica”. In generale, tutte le forze politiche greche, dal Primo Ministro Kyriakos Mītsotakīs, appartenente al centro-destra, al leader dell’opposizione, Alexis Tsipras, si sono dichiarate soddisfatte per quanto deciso dai giudici, nella speranza che questa oscura pagina della politica non si ripeta.
Ben quindicimila persone attendevano fuori dalla Corte d’Appello il verdetto, tra le quali c’era anche la madre di Fyssas, Magda, che una volta appreso delle condanne ha gridato: “Ce l’ha fatta Pavlos, figlio mio!“.
Non sono mancati però tafferugli e tensioni tra gli attivisti e i duemila poliziotti schierati in assetto antisommossa, che sono ricorsi ai lacrimogeni e agli idranti per disperdere la folla di manifestanti, che hanno anche lanciato anche alcune molotov.
Quella di mercoledì è sentenza è importante dal punto di vista politico. Si tratta infatti di un forte segnale contro gli estremismi, che sanno trovare terreno fertile soprattutto in momenti di forte crisi economica e sociale. Il messaggio che arriva dalla decisione della Corte è chiaro: in Grecia non c’è più posto per l’estrema destra.
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