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Categories: Cronaca

Aldo Bianzino, il figlio Rudra chiede la riapertura del processo: ‘Voglio capire cos’è successo a mio padre’

Poco prima della messa in onda de ‘Il mistero della cella 20’ nella puntata di ‘Un giorno in pretura’ del 5 maggio scorso, in cui si esaminava il caso Aldo Bianzino, e a quasi 11 anni dalla morte dell’uomo, il figlio Rudra ha chiesto la riapertura delle indagini con nuove prove che possano chiarire finalmente perché Aldo Bianzino è morto nel carcere di Perugia nella notte del 14 ottobre del 2007. I fatti precedenti il decesso del falegname sono noti, l’uomo era stato arrestato nella sua casa a Pietralunga, in Umbria, dopo il rinvenimento di alcune piante di marijuana nelle campagne vicino all’abitazione.

La compagna Roberta Radici ha raccontato alcuni dettagli dell’arresto di Aldo Bianzino, uomo pacifista e con la passione per le filosofie orientali, che aveva pure dichiarato che le piante le aveva coltivate lui ed erano per uso personale. Condotto ugualmente in carcere insieme a Roberta, lì troverà la morte in una cella in cui era da solo. Lei viene scarcerata, lui torna a casa alcuni giorni dopo in una bara.

In una fredda mattina d’autunno, nella cella 20 del carcere di Capanne, due giorni dopo l’arresto viene infatti rinvenuto il corpo senza vita del 44enne. La prima autopsia rivela la causa di morte che sarebbe un’emorragia cerebrale di natura traumatica, ma sul corpo dell’uomo non viene trovato alcun segno di percosse. Il cadavere, poi, fu ritrovato vestito solo con una maglietta.

Nella ricerca della verità si inserisce anche Gioia Toniolo, ex moglie di Aldo, dopo la morte di Roberta Radici nel 2008 a causa di un cancro. I medici legali che hanno visto il corpo di Aldo hanno notato danni a fegato e milza, presumibilmente dovuti a un pestaggio posto in essere usando tecniche speciali per ledere gli organi vitali senza lasciare tracce esternamente.

L’indagine si rivela lunga e complicata. Le indagini per omicidio vengono archiviate due volte, quindi Aldo Bianzino sarebbe morto per cause naturali, e cioè per un’emorragia cerebrale dovuta a “rottura aneurismatica”.

[didascalia fornitore=”foto”]Aldo Bianzino[/didascalia]

Sul banco degli imputati del processo mandato in onda sulla Rai, accusato di omissione di soccorso, siede Gianluca Cantoro, agente penitenziario di turno quella notte nella sezione 2B. Nel 2015 Gianluca Cantoro viene condannato a un anno di reclusione per il reato di omissione di soccorso, viene dunque definitivamente esclusa l’ipotesi del pestaggio. Ma i dubbi sono ancora molti.

Ad esempio la prova dell’aneurisma portata in tribunale si è rivelata incompatibile con un aneurisma, perché sarebbe solo l’immagine di un’area del cervello in cui è presente del sangue che quindi potrebbe essere un’emorragia cerebrale conseguente a un trauma (le percosse). Poi le lesioni al fegato sono state spiegate come il risultato del massaggio cardiaco fatto su Bianzino quando è stato trovato a terra ma non ci sono lesioni alle costole che possano giustificare un’affermazione del genere. Altro fatto determinante è la tempistica delle lesioni, quelle al cervello e al fegato sarebbero contemporanee e non avvenute una prima e una dopo.

Di cosa è morto dunque Aldo Bianzino? Rudra Bianzino vuole saperlo e ha deciso di chiedere una nuova apertura del processo per omicidio del padre a carico di ignoti presso la procura di Perugia.

Chi volesse può firmare la petizione che Rudra ha avviato a questa pagina per chiedere giustizia per il padre.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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