Aldo Moro è stato uno degli uomini e dei leader politici italiani più influenti del XX secolo, noto per la sua dedizione alla causa della democrazia e per la sua abilità nella creazione di alleanze politiche.
La sua vita, tuttavia, è stata caratterizzata da una fine tragica, poiché è stato sequestrato e assassinato dalle Brigate Rosse proprio il 9 maggio 1978. Andiamo per gradi e ripercorriamo tutta la sua storia.
Chi era Aldo Moro prima di diventare un esponente politico di spicco?
Aldo Moro è nato a Maglie, in Puglia, il 23 settembre 1916. Dopo gli studi in Giurisprudenza, si laureò all’Università di Bari nel 1939. Tuttavia, anziché intraprendere la strada dell’avvocatura che era stata quella scelta suo padre, si orientò sul tracciato della carriera politica. Durante gli anni della Seconda guerra mondiale, si impegnò nella resistenza antifascista ed iniziò a militare tra le fila del Partito Comunista Italiano. In verità, Aldo Moro cambiò rapidamente la propria posizione. Si avvicinò infatti alla Democrazia Cristiana, partito di centro destra che sarebbe divenuto presto centrale nella storia politica italiana. Era il 1943 quando il giovane Moro venne investito della nomina di segretario provinciale di partito.
Finita la guerra, e maturi i tempi per la stesura della Carta costituzionale, Aldo Moro venne eletto nel 1946 come membro dell’Assemblea costituente e gli venne delegato il compito di occuparsi delle questioni relative all’apparato della giustizia nonché delle riforme in materia agraria.
L’ascesa politica di Aldo Moro
Negli anni successivi, Moro ricoprì numerosi incarichi di governo, tra cui quello di Ministro della Pubblica Istruzione, Ministro della Giustizia e Ministro degli Esteri. Nel 1963, venne eletto segretario nazionale della Democrazia Cristiana, e mantenne questa carica fino al 1976.
Il mandato più importante ricoperto come leader di partito fu quello di Presidente del Consiglio dei ministri, carica che ricoprì per ben cinque volte. Durante il suo mandato tra il 1974 e il 1976, Moro cercò di superare la crisi politica che stava affliggendo l’Italia e di avviare importanti riforme democratiche e sociali.
In particolare, Moro cercò di creare una coalizione di governo tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, che all’epoca rappresentava la più grande forza di opposizione al governo. Il suo obiettivo era quello di superare la polarizzazione politica che stava impedendo alla classe politica italiana di governare efficacemente, e di avviare un processo di riforme democratiche e sociali. In questo senso, infatti, non può sottacersi come negli anni ’70 l’Italia fosse un paese che viveva un clima di grande tensione politica e sociale. Dettagliatamente, la sinistra era divisa tra il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano, mentre la destra era rappresentata dalla Democrazia Cristiana. In questo contesto di polarizzazione, i gruppi terroristici proliferavano. In particolar modo quello delle Brigate Rosse, che da sempre cercava di attirare l’attenzione sull’instabilità politica del paese.
Aldo Moro pagò caro questo tentativo di trasformismo. Lo pagò con la morte, intervenuta dopo settimane di prigionia. Una prigionia che cambierà per sempre la storia dell’Italia intera.
Il rapimento del leader politico
Il 16 marzo 1978, Aldo Moro, leader della democrazia cristiana e presidente della Commissione Parlamentare antimafia, venne rapito a Roma dalle Brigate Rosse mentre si recava in Parlamento per presentare un programma di governo di unità nazionale, che prevedeva la partecipazione del partito comunista e del partito socialista. Il gruppo dei terroristi, composto da quattro uomini e una donna, lo intercettò in una via laterale lo portò via con la forza. Gli agenti della scorta di Moro furono uccisi durante l’agguato.
I rapitori, guidati da Mario Moretti, inviarono sin da subito numerose lettere ai media e al governo italiano, chiedendo la liberazione di alcuni prigionieri politici in cambio della vita di Moro. Suscitando così un’incredibile reazione pubblica.
Le trattative tra il governo italiano e gli esponenti delle Brigate Rosse
Il governo italiano, guidato da Giulio Andreotti, fu costretto ad avviare delle trattative con i terroristi per cercare di ottenere la liberazione di Moro. Una strada storicamente in salita. In effetti, le trattative furono complicate e difficili, e spesso portarono a risultati deludenti. I terroristi si dimostrarono irriducibili e fermi nelle loro richieste, e il governo italiano non fu in grado di soddisfarle. Sotto nessun punto di vista e verso nessuna iniziativa.
Nel frattempo, Moro rimase prigioniero in un luogo sconosciuto, senza sapere cosa stesse accadendo al di fuori della sua prigione. Completamente solo.
Durante quei giorni interminabili, Moro scrisse numerose lettere alla sua famiglia e ai suoi amici. Mise nero su bianco tutto il suo dolore, la sua sofferenza e la sua preoccupazione per il destino dell’Italia. Negli scritti, l’uomo chiedeva come non mai il sostegno dei suoi compagni di partito e della sua famiglia, ma non esprimeva mai rancore o odio nei confronti dei suoi sequestratori.
La morte di Aldo Moro
Poi, il tragico epilogo. Il 9 maggio 1978, dopo cinquantacinque giorni di prigionia, il corpo di Aldo Moro fu trovato in una Renault 4 parcheggiata in Via Caetani, a Roma. Moro era stato ucciso dai suoi rapitori, che avevano sparato sei colpi di pistola contro di lui.
La sua morte suscitò una forte reazione pubblica in tutta Italia. Un’istituzione, una figura rispettata e amata da molte persone. Il suo omicidio ha rappresentato una delle pagine più nere della storia politica italiana.