Massacrata e uccisa a coltellate dall’ex fidanzato, Alessandra Matteuzzi è ancora vittima degli haters, gli odiatori seriali – come qualcuno ama definirli – che sul web danno il meglio (o il peggio, verrebbe da dire) di sé.
Il 26 agosto scorso la 56enne di Bologna venne uccisa sotto casa dall’uomo con cui mesi prima aveva avuto una breve relazione. Giovanni Padovani, ex modello e calciatore di professione, probabilmente non accettava che la storia con Alessandra si fosse conclusa e quindi ha deciso di fare l’unica cosa – come direbbe chi non trova altra via di uscita per giustificare un omicidio – che per lui era plausibile: uccidere la ‘sua’ donna, che in quel modo avrebbe vincolato a sé per sempre.
Era il 26 agosto scorso quando Alessandra Matteuzzi – 56enne di Bologna – venne uccisa sotto casa dal suo ex compagno, Giovanni Padovani, 27 anni, di professione modello e calciatore. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, il giovane la attese sotto casa e dopo una breve discussione si accanì contro di lei, colpendola con una panchina e poi a coltellate.
Alessandra venne trasferita d’urgenza in ospedale, ma morì poco dopo il suo arrivo per le gravi conseguenze della violenta aggressione. Padovani venne fermato qualche ora dopo e condotto in carcere con l’accusa di omicidio. Dietro il delitto della 56enne ci sarebbe la gelosia ossessiva del giovane, che aveva avuto una breve relazione con la vittima. Sembra però che la Matteuzzi avesse troncato quella storia per l’ossessione di lui, che pare la tempestasse di chiamate e messaggi per sapere sempre dove fosse.
Qualche giorno prima del 26 agosto, Alessandra si era trasferita a casa della sorella, temendo forse per la sua incolumità. La sera del delitto era tornata a casa per dar da mangiare al cane e recuperare alcuni vestiti. Ad attenderla trovò il suo ex, che la colpì mentre Alessandra era al telefono con la sorella.
In questo Paese dove spesso le cose sembrano spesso muoversi in direzione opposta a quella verso cui dovrebbero invece muoversi, Alessandra Matteuzzi non è più solo la vittima di un efferato omicidio, ma diventa il pretesto per riversare sulle donne un po’ di quell’odio patriarcale che scorre inesorabile nelle viscere di chi considera le donne sempre un po’ colpevoli per quello che gli succede, che sia uno schiaffo o una coltellata, poco cambia.
A dimostrazione di ciò ci sono i commenti apparsi sui social: “Non era una santa neppure lei”, “Comunque come andava conciata”, “Chissà cosa gli ha fatto per arrivare a questo”. Come se una minigonna o un rossetto rosso possano alleggerire le colpe dell’assassino, da condividere – come fossero un sovraccarico troppo eccessivo – con la vittima, rea di essere stata troppo disinibita, troppo libera, troppo e basta.
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