Alessia Pifferi, la donna che ha fatto morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo, è stata picchiata in carcere a San Vittore. Lo riportano i suoi avvocati, raccontando cosa è accaduto nel penitenziario.
Tutti ricordiamo bene il fatto di cronaca di qualche mese fa che ha visto protagonista Alessia Pifferi, accusata di omicidio per aver abbandonato a sé stessa sua figlia di un anno e mezzo, morta soffrendo la fame.
Alessia, 36 anni, è ora in carcere a scontare la sua pena e sembra che sia stata aggredita da altre detenute in carcere, come ha raccontato il suo avvocato.
Alessia Pifferi si trova in carcere, accusata di aver causato deliberatamente la morte della figlia Diana, un anno e mezzo lasciata sola per una settimana a casa, mentre la madre era in vacanza con il compagno.
La condannata si trova a San Vittore dove, pare, sia stata maltrattata da altre detenute, che l’avrebbero picchiata, tirato i capelli e insultata.
La notizia la riporta la sua avvocata, Solange Marchignoli, che la difende insieme a Luca D’Auria.
Le dichiarazioni della legale sono state diffuse a Mattino 5, dove la Marchignoli ha dichiarato di aver parlato con Alessia.
La Pifferi ha dichiarato, infatti, di essere molto impaurita dopo l’aggressione avvenuta per mano di altre detenute.
Tutto è successo mentre Alessia cercava di andare da una suora in carcere, in quel momento l’hanno presa per i capelli e l’hanno picchiata.
Dopo l’aggressione, secondo l’avvocata, Alessia vive nella paura di poter essere di nuovo picchiata e pensa che qualcuno voglia fargliela pagare proprio lì, nel carcere di San Vittore.
Intanto, secondo i suoi difensori Alessia Pifferi non è consapevole del suo crimine: “Io parlo con la signora e parlo con qualcuno che mi racconta una storia, ci stiamo arrivando e all’inizio era un po’ estranea, poi ha letto i giornali e qualche parola la sta collegando a sé”.
Intanto, il giudice per le indagini preliminari di Milano, Fabrizio Filice, ha respinto la richiesta posta dalla difesa di Alessia Pifferi di poter avere una consulenza neuroscientifica per la loro assistita.
Secondo gli avvocati della donna, infatti, Alessia non sarebbe capace di intendere e di volere. Ma, invece, secondo il gip, l’accusata si è sempre dimostrata consapevole delle sue azioni, in grado anche di iniziare un percorso in carcere, grazie ai colloqui psicologici di monitoraggio.
Questa tesi riportata dal giudice proviene, ovviamente, dalle prove del servizio di psichiatria del carcere di San Vittore, che riportano lo stato di salute mentale della donna.
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