Alfredo Cospito condannato a 23 anni. Ridotta la pena, per l’anarchico ritenuto comunque colpevole dell’antenato alla caserma di Fossano.
L’attentato di Alfredo Cospito è stato giudicato di lieve entità dal tribunale di Torino, che non ha confermato l’ergastolo chiesto dalla procura generale. Si chiude la sentenza per l’anarchico. Nella giornata di oggi è stato letto il verdetto anche per Anna Beniamino, per lei la condanna a 17 anni e 9 mesi. Le attenuati riconosciute a entrambi sono state generiche e “di lieve entità“. Le due bombe piazzate il 2 giugno del 2006 alla Caserma dei Carabinieri di Fossano non aveva provocato morti e feriti. Lo scorso 19 giugno aveva interrotto lo sciopero della fame dopo il verdetto Consulta, dopo 181 di digiuno in protesta contro il 41bis, il regime di carcere duro. Nel giro di due mesi sono arrivate le prime vittorie per Cospito e il suo legale.
Si conclude il caso Cospito, con la lettura della sentenza. Nella giornata di oggi a Torino i giudici del tribunale hanno condannato l’anarchico a 23 anni di reclusione, riconoscendogli due attenuanti. Non è stata accolta la richiesta della procura generale che invece aveva chiesto l’ergastolo.
Attentato, secondo i giudici, di “lieve entità“, che dunque non merita il carcere a vita. Per Anna Beniamino, con le stesse attenuanti, sono arrivati invece 17 anni di reclusione e 9 mesi (le generiche e quella della lieve entità). Il processo era stato aperto nel giugno del 2006, dopo l’attentato programmato con due ordigni piazzati a ridosso della caserma Allievi Carabinieri di Fossano.
Le bombe erano poi esplose a mezz’ora l’una dall’altra, con la prima che esplose in un cassonetto, un’altra in un bidone dell’immondizia non provocando alcun ferito. I carabinieri avevano pensato a un incidente in strada, sentendo il primo ordigno, riuscendo così a rimanere illesi anche con la seconda esplosione che avvenne nel cuore della notte del 2 giugno 2006.
Di recente era stato modificato dalla Corte di Cassazione il reato di strage, da semplice a quello alla sicurezza dello Stato. La pena è stata dunque riqualificata, per i due imputati che erano stati indagati nel processo Scripta Manent. Sia Cospito che Beniamino erano stati accusati insieme ad altri anarchici per tanti attentati compiuti nel periodo che va dal 2003 fino al 2016. Altre due condanne ad altrettanti imputati di 20 anni e 16 anni sono già state definite.
Ma rimaneva il dubbio legato all’ergastolo. Si, perché per strage politica è prevista la pena fissa del carcere a vita. Ed ecco che la difesa dell’anarchico aveva puntato tutto proprio sul fatto lieve, facendo forza sul fatto che le due esplosioni non avevano portato nessun ferimento e nessuna vittima. La Corte d’appello su questo tema dopo essere stata interpellata – anche se la pena era rimasta bloccata e le attenuanti non potevano essere concesse in quanto Cospito risultava come recidivo – ha poi aperto alla possibilità di bilanciamento e di un verdetto meno pesante per l’anarchico. Si arriva dunque alla sentenza di oggi, che ha confermato le attenuanti e rigettato al richiesta della procura generale, che voleva per Cospito appunto la massima pena.
Flavio Rossi Albertini, legale di Cospito, si è detto soddisfatto della sentenza parlando alla fine del processo di “giudizio equilibrato decisione avversa della Corte di Cassazione“.
Il difensore di Anna Beniamino fa leva sugli stessi temi. Gianluca Vitale ha affermato nella giornata odierna che il processo è stato condotto con un minimo di ragionevolezza, e che qualora non fosse stata riconosciuta l’attenuante si sarebbe andati incontro a un grave episodio. La pena, ricorda Vitale, però rimane significativa.
Lo sciopero della fame da Cospito era stato interrotto lo scorso aprile, dopo il verdetto Consulta che aveva aperto a una possibilità – poi confermata oggi – di ridurre la pena e di ottenerne una meno dura dell’argastolo.
Il digiuno per Cospito andava avanti da 6 mesi. L’anarchico infatti, nell’autunno del 2022, aveva iniziato una protesta contro il regime di carcere duro del 41bis, iniziato lo sciopero della fame insieme ad altri detenuti. La sua presa di posizione aveva scatenato polemiche e dibattito. Suscitando anche l’indignazione dell’opinione pubblica per diversi mesi, soprattutto dopo diversi importanti avvenimenti.
In primis le proteste – certe volte violente – degli anarchici in tutta Italia. Cospito puntava ad abbandonare il 41bis, ma anche alla sua eliminazione. Diverse manifestazioni hanno portato tra Roma, Torino, Milano, allo scontro di anarchici contro la polizia, quando le proteste sono diventate più tese è arrivato anche l’intervento del governo che aveva promesso una lotta al terrorismo e di non voler cedere ai “ricatti” e agli scioperi della fame. Altre parti politiche interessate alla questione, erano andate a colloquio con Cospito; gesto che ha poi generato un’altra ondata di polemiche.
Il tutto era stato ingigantito dall’arresto di Matteo Messina Denaro, che aveva fatto tornare la lente di ingrandimento sui mafiosi, sulle stragi e sui detenuti al 41bis. Le opinioni si divisero, quando alcuni condannati per mafia tentarono di sfruttare le proteste contro il carcere duro a loro favore.
Tensioni e intrighi che hanno diviso e tenuto banco per mesi, anche se la questione non muore sicuramente con la sentenza di oggi.
Lo scorso 19 aprile è arrivata poi, dopo diversi dietrofront, l’annuncio di Cospito che aveva firmato un modello a disposizione dei detenuti dove si impegnava ad alimetnarsi dopo 181 giorni di digiuno. Più o meno ferreo sì, perché dopo alcuni mesi l’anarchico aveva ripreso ad assumere alcuni integratori, delle bustine di zucchero, del parmigiano.
“Dichiaro di interrompere lo sciopero della fame”, aveva Cospito per avvisare i vertici del carcere avvisando così i vertici Opera e del Tribunale di Sorveglianza di Milano dove si trovava in cura per le sue recenti condizioni di salute in continuo peggioramento. L’anarchico era stato condannato per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, oltre che per gli ordini della scuola dei carabinieri.
La ripresa dell’alimentazione era iniziata gradualmente, e sotto i controlli medici dell’ospedale San Paolo. L’anarchico aveva espresso il desiderio di ritornare in Sardegna, al Bancali di Sassari, anche se il suo rientro era previsto all’Opera di Milano.
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