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È stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale in Cile a causa dell’alga rossa tossica che ha messo in ginocchio il sud del Paese: oltre 20 milioni di pesci morti e pesanti disagi alla salute pubblica sono il bilancio della fioritura dell’alga che ha avvelenato il mare cileno, esattamente come accaduto in altre parti del mondo, Italia compresa, negli ultimi anni. Questa ‘marea rossa’ rappresenta il caso più grave mai avvenuto in tutta la storia del Paese, devastando l’industria della pesca locale, che rappresenta una fonte economica vitale per il Cile.
L’agenzia di stampa Reuters afferma infatti che a marzo la fioritura mefitica ha decimato il 15 per cento della produzione di salmone del Cile, con un danno economico stimabile in oltre 800 milioni di dollari per il secondo Paese produttore al mondo dopo la Norvegia: a fine maggio la situazione si è ulteriormente aggravata, con il governo che quantifica una perdita di almeno 100mila tonnellate di salmone e numeri ancora più elevati di sardine, sgombri, acciughe, crostacei, molluschi e meduse. L’alga rossa ha attivato un’alterazione mefitica dell’ecosistema costiero, che a catena ha generato l’allontanamento forzato di uccelli predatori, quali albatri e procellarie, che migrano alla ricerca di cibo, e si sono verificati anche casi di spiaggiamento di grossi mammiferi come balene e leoni marini.
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La questione investe aspetti soprattutto di natura ecologica ed ambientale, giacché questo inquinamento velenoso della acque sta diventando un problema sempre più globale, e il Cile è solo l’ultima delle nazioni che si è trovata a che fare con tale alga tossica. Quali sono le ragioni di questa diffusione invasiva e letale? Gli esperti hanno indicato molteplici ragioni per la fioritura dell’alga rossa nei mari e negli specchi d’acqua dolce del pianeta, tra cui cambiamenti climatici, l’uso intensivo di fertilizzanti inorganici e letame deflusso da parte dell’agricoltura industriale, ed effetti derivanti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue. Ma non manca chi punta il dito anche contro il fenomeno El Nino, già responsabile del riscaldamento globale record in atto nel pianeta.
Il quotidiano The Guardian ha riferito che la fioritura algale si è rapidamente diffusa lungo la costa della Patagonia per centinaia di miglia, avvelenando decine di persone che hanno riscontrato numerosi sintomi, e provocando una moria su larga scala dei pesci. Il perdurare della situazione ha esacerbato le proteste dei pescatori, che proseguono senza sosta da settimane, a cui si sono aggiunti anche gli studenti sfilati in cortei nelle principali città del Paese, dove non sono mancati scontri con le forze dell’ordine. Da anni gli ambientalisti si lamentano accusando l’industria dell’acquacoltura cilena di aver inquinato l’acqua attraverso le feci e i resti di cibo, gettati e accumulati sul fondo del mare, a cui si aggiunge la pratica di gettare in acqua anche i salmoni morti: l’accumulo dei nutrienti nelle acque per le operazioni di ingrasso dei pesci degli allevamenti di salmone intensivi rilascia sostanze azotate che si depositano sui fondali, diventando così delle riserve quasi inesauribili di nutrienti per le fioriture di alga rossa. Inoltre secondo National Geographic, se circa il trenta per cento dei pesci uccisi dall’alga rossa è stato portato correttamente in discarica, il resto sarebbe stato gettato in mare, a circa 80 miglia dall’isola di Chiloé, un’operazione che sarebbe stata autorizzata dalla Marina cilena. E c’è chi sospetta che questa azione scellerata possa aver ulteriormente accelerato la fioritura selvaggia dell’alga rossa tossica nei mari del sud.
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