Secondo quanto è emerso qualche giorno fa dalle analisi sul telefonino di Alice Neri, la giovane mamma uccisa e bruciata lo scorso 18 novembre 2022, la prima meta impostata sul navigatore era stata Ravarino.
Alice, ancora in vita, cercava probabilmente la strada più veloce per tornare a casa, partendo dallo Smart Cafè di Concordia. Poco dopo, però, verosimilmente quando a bordo dell’auto c’era già anche Mohamed, su Maps veniva cercata la località Vallata di Concordia, zona dove lo stesso abitava. Ma poi è comparsa anche una terza ricerca sul telefono di Alice.
Alle ore 4.50 di venerdì 18 novembre, infatti, veniva impostata un’altra destinazione: Poggio Rusco, una località del mantovano. L’auto della donna, dopo essersi diretta in quell’area, avrebbe sostato per più di un’ora. È stata uccisa lì Alice o era già morta?
Mohamed è rimasto in località Poggio Rusco, nello specifico nei pressi dell’argine di un fiume, per un lasso temporale lungo rispetto a quello meramente necessario a consumare l’omicidio. Più di un’ora. Dunque, due sono le alternative: o il tunisino ha temporeggiato per capire come disfarsi del corpo di Alice. Oppure ha atteso qualcuno che lo aiutasse. Ma gli elementi fino ad oggi a disposizione fanno supporre che quando Mohamed è arrivato in quel luogo Alice fosse già morta.
Purtroppo, le condizioni della salma sono proibitive e hanno complicato sin da subito la ricostruzione della dinamica omicidiaria. Appare dunque evidente come, oltre all’investigazione scientifica, sia imprescindibile anche percorrere la strada del ragionamento logico. Del resto, è molto improbabile che Mohamed, almeno in questa fase, ammetta un qualche tipo di responsabilità in relazione all’omicidio. Dato che il quadro indiziario a suo carico è compromesso, ma non schiacciante proprio, come anticipato, a causa delle modalità di rinvenimento del corpo esanime di alice.
Il 26 novembre 2022, il tunisino e la moglie si sono incontrati a Milano per poi separarsi di nuovo. Proprio in quel frangente, però, la donna sarebbe stata intercettata nel momento in cui pronunciava la seguente frase: “Dirò che non so dove diavolo sei”. Da quelle, però, lo scenario è decisamente cambiato.
Difatti, con un quadro indiziario così compromesso a carico di Mohamed, anche se non schiacciante a causa, come detto, delle modalità di rinvenimento del cadavere, la moglie di Mohamed potrebbe diventare l’anello debole di questa vicenda criminale. E decidere di collaborare. Più nel dettaglio, dopo l’esecuzione del mandato di arresto europeo nei confronti del marito, l’equilibro della coppia potrebbe aver subito un fisiologico mutamento. Un cambiamento che potrebbe indurre la donna a rivelare alcuni dettagli dirimenti per delineare definitivamente il quadro accusatorio. In altri termini, la sua testimonianza potrebbe dare una spinta significativa alle indagini. Da tale angolo di visuale, è verosimile ipotizzare che la moglie sappia molto di più di quanto dichiarato fino ad oggi. Almeno per quel che attiene le ragioni della fuga del marito.
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