La storia di Alice Pignagnoli, 34enne portiere della Lucchese, serie C di calcio, esclusa dalla sua società dopo essere rimasta incinta, ha scosso l’opinione pubblica perché è stata l’ennesima dimostrazione che in Italia le donne, ancora oggi, non vengono tutelate affatto e spesso si trovano a dover rinunciare al loro lavoro per poter avere una famiglia per necessità e non per scelta.
Alice Pignanoli ha 34 anni, è già mamma di una bambina di due anni e aspetta attualmente il suo secondo figlio, che nascerà a giugno 2023. Un paio di mesi fa, ad ottobre, ha scoperto di essere incinta, lo ha comunicato al club in cui gioca, indossando la maglia e i guantoni da portiere, e anziché trovare comprensione ha trovato un muro, talmente alto da impedirle di poterlo valicare. La calciatrice è stata semplicemente esclusa e basta, non ha potuto obiettare, ha dovuto accettare questa decisione, ma non ha perso la speranza di vivere un domani in un mondo migliore, in cui la donna possa essere tutelata al 100% e non debba mai più veder ledere la sua dignità.
“Sai piccolin*, questa volta credevo di sapere tutto, di non avere paure, di non farmi sopraffare dagli eventi. Invece, anche questa volta, la vita mi ha sorpreso e tu con lei”. Inizia così lo sfogo social di Alice Pignagnoli, 34enne portiere della Lucchese, serie C di calcio. La sorpresa di cui parla non ha niente di bello: è questa l’ennesima storia di discriminazione, di rinunce forzate, di passi indietro fatti per forza e non per scelta. E, a proposito di scelta, questo è il tipico caso in cui una donna deve trovarsi a scegliere tra lavoro e famiglia.
Per capire cosa è accaduto davvero dobbiamo tornare a metà ottobre. Alice, già mamma di una bambina di due anni, scopre di essere incinta di nuovo. Da lì, “la nausea, la stanchezza, il pancione che cresceva troppo velocemente per essere nascosto”. Tutto normale, penserà qualcuno, ma qui arriva il bello (anzi, il brutto). Alice va dal manager della Lucchese, Mario Santoro, speranzosa che il suo comportamento sarebbe stato lo stesso di quello del Cesena, squadra di serie B con cui giocava un paio di anni fa, quando scoprì cioè di aspettare la sua prima figlia. All’epoca tutto era andato per il giusto (dove per giusto si intende la sua accezione letterale): alla portiera era stato rinnovato il contratto al settimo mese di gravidanza e lei era tornata sul campo solo 100 giorni la nascita della sua primogenita. Alice aveva fatto quello che fanno la maggior parte delle mamme in Italia (e nel mondo): lavorava e al contempo badava a sua figlia. Del resto, il pallone e la famiglia per lei erano le sue due grandi passioni e non poteva rinunciare a nessuna di loro.
Questa volta, però, soli due anni dopo – ma in una società diversa, sottolineiamolo ancora una volta – lo scenario che si è palesato davanti ai suoi occhi è stato ben diverso dal precedente. Cos’è accaduto lo ha raccontato la diretta interessata in un lungo post sul suo profilo Facebook.
“A metà ottobre ho scoperto di essere incinta per la seconda volta. L’ho comunicato al manager della Lucchese, Mario Santoro, e mi sono sentita dire che gli impegni presi in estate vanno rispettati: non era più loro intenzione pagarmi ciò che mi spetta. (…) Mi ha ferito come donna, madre e atleta, ha creato un solco profondo. Mi sono sentita sola, inutile, incapace, un giocattolo vecchio da gettare”: così continua il racconto della stessa Alice Pignanoli.
E qui arriva l’altra nota dolente: il regolamento del calcio femminile attualmente in vigore non può in alcun modo ostacolare questa decisione. Ad oggi – stando alla riforma entrata in vigore proprio a luglio 2022 – solo le giocatrici di serie A sono considerate professioniste e quindi hanno diritto a stipendi minimi, ad accordi professionali contrattualizzati dai club di appartenenza che possano riconoscere loro anche i contributi previdenziali, così che a loro spettino pensione e maternità. Per tutte quelle dalla serie B in giù – e Alice gioca in serie C attualmente – tutti questi sono considerati quasi privilegi da conquistare. Loro non hanno alcuna tutela, alcuna certezza né per il presente né per il futuro.
Alice oggi ha 34 anni, a breve avrà due figli da mantenere, una casa. Nessuno si è curato di lei, nessuno ha pensato di aiutarla (al netto delle sue colleghe e del mister, che le hanno dimostrato tutta la loro empatia, comprensione, vicinanza). Quello che però ha fatto la società lo ha raccontato lei stessa: “La società mi ha detto che non mi avrebbe più pagato nonostante quello che era scritto nel contratto e piano piano ha cominciato a escludermi dalla squadra. Prima mi hanno chiesto di restituire il materiale sportivo nonostante io sia tesserata fino a fine stagione, poi di liberare il mio posto letto e di fatto mi hanno sbattuto fuori dalla squadra senza dire una parola. Se proprio era necessario escludermi, e non ne capisco il motivo, potevano almeno dire qualcosa visto che ho giocato due mesi per loro e ho fatto la mia parte. (…) Se venisse fatto con un’impiegata, gli venisse tolto il computer, poi la scrivania, poi la possibilità di entrare in ufficio ci sarebbero cause da milioni di euro, quando lo fa uno squadra di calcio è un tema nuovo perché di mamme che giocano ce ne sono poche. Ma penso che il rispetto della dignità umana non si deve dimenticare”.
Ma non finisce neanche qui, perché a quanto pare la società ha anche minacciato di non pagarle gli arretrati, che di fatto le spettavano. Alla fine almeno questo nodo si è sciolto (e sarà una magra consolazione per Alice verosimilmente), perché – complice anche il lavoro svolto dai suoi avvocati – alla fine almeno quelli le sono stati riconosciuti.
Adesso la situazione è questa: il contratto della Pignagnoli con la sua squadra si scioglierà il 30 giugno 2023, ma la Lucchese le pagherà lo stipendio pieno solo primo al 31 gennaio, perché dal 1 febbraio fino a giugno le spetterà il fondo per la maternità della Federazione. Proprio la decisione presa dal Cesena solo un paio di anni fa con lei, infatti, aveva rotto lo schema secondo cui un atleta rimasta incinta avrebbe dovuto vedere il suo contratto interrompersi bruscamente. Anche per questo Alice sperava che qualcosa si fosse mosso definitivamente e che anche questa volta sarebbe stata tutelata, ma così purtroppo non è stato.
Oggi però la giocatrice ha paura per il suo futuro. Quando sarà svincolata nel 2023 teme che non ci sarà un’altra società che le offrirà un contratto. Nonostante tutto però lei non perde comunque la speranza: “Sogno un mondo migliore, dove le donne vengano supportate in uno dei compiti più grandi e allo stesso tempo difficili che si trovano ad affrontare: non solo generare la vita, ma non sentirsi “sbagliate” a causa delle loro scelte. Un mondo dove le donne vengano valutate per il loro valore e non per la quantità di figli che hanno o non hanno”.
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