Secondo quanto rivelato dalla Gazzetta dello Sport, pare che la decisione della Corte sportiva d’appello della Figc di riaprire la curva della Juventus per la partita (persa) contro il Napoli dopo la decisione di chiuderla in seguito ai cori razzisti rivolti nei confronti di Romelu Lukaku nella semifinale d’andata di Coppa Italia contro l’Inter, e che aveva mandato su tutte le furie i nerazzurri, sia dovuta a un errore da parte della Procura nella consegna della documentazione.
I due pesi e due misure usati dalla Corte sportiva d’appello della Figc per quanto riguarda ciò che è successo nei minuti finali della semifinale d’andata di Coppa Italia tra Juventus e Inter, giocata il 4 aprile all’Allianz Arena di Torino e finita con il punteggio di 1-1, e quindi i cori razzisti contro Romelu Lukaku e l’esultanza, dopo il gol del pareggio arrivato su rigore, dell’attaccante belga che aveva zittito i tifosi bianconeri, pare non siano frutto di argomentazioni di merito.
Se infatti si è deciso di graziare la curva della squadra di casa, aperta anche in occasione della sfida di campionato di domenica persa contro il Napoli di Luciano Spalletti – che ora potrebbe vincere lo scudetto con oltre un mese di anticipo – e, invece, era rimasta, prima dell’intervento del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, la squalifica per il numero 90 di Simone Inzaghi, ammonito prima per un intervento falloso, e poi espulso, per doppio giallo, per l’atteggiamento rivolto ai supporter della Juventus, il problema è stato un errore da parte della Procura nella consegna della documentazione.
Nelle motivazione della sentenza sul ricorso del club bianconero, come rivelato dalla Gazzetta dello sport, infatti, si legge infatti che la società bianconera ha chiesto “l’annullamento della decisione del giudice sportivo per inutilizzabilità della relazione della Procura federale, essendo pervenuta dopo il termine posto dall’art. 62, comma 1, CGS, da considerarsi perentorio dato il preciso disposto dell’art. 44, ultimo comma, CGS, sulla cui sola base (non avendo il direttore di gara refertato alcunché) si è fondata la decisione del giudice sportivo impugnata“. Ed è proprio per questo che la Corte ha accolto le richieste del club, perché, secondo quanto recita l’articolo richiamato, “la trasmissione del rapporto della Procura federale è avvenuta alle ore 14.12 del giorno feriale successivo alla gara Juventus-Internazionale e quindi oltre il termine (perentorio) delle ore 14“.
Quei dodici minuti, insomma, sono stati fatali, anche perché, si legge ancora nella sentenza della Corte, “i motivi della tardiva trasmissione, rappresentati dalla Procura federale in sede di discussione, non costituiscano un impedimento oggettivo e assoluto tale da giustificare il mancato rispetto del termine perentorio fissato dal Codice“. La Procura ha anche fatto avere alla Corte una “verifica informatica sulla mancata consegna di una mail“, che però non è stata ritenuta “idonea a dimostrare l’oggettività e l’assolutezza di tali asseriti impedimenti“.
Non era, però, la prima volta che succedeva una cosa del genere, e molto spesso quel limite fissato non era mai stato considerato perentorio, o meglio si era deciso di soprassedere, non in questo caso, però, tanto che per arrivare a questa distinzione la prima sezione della Corte d’Appello Figc nella prima udienza aveva rimesso l’interpretazione proprio sulla scadenza in questione alle Sezioni Unite.
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