Allarme bomba a Firenze, davanti alla casa del procuratore aggiunto Luca Tescaroli, i cui uomini della scorta hanno rinvenuto l’ordigno e avvisato i carabinieri.
Le forze dell’ordine sono intervenute con gli artificieri per analizzare la scatola metallica con fili elettrici rinvenuta davanti all’abitazione dell’uomo. Abbiamo letto spesso il suo nome perché compare in grandi inchieste, ad esempio è titolare di quella sulla strage di via dei Georgofili ma ha collaborato anche nelle indagini per l’attentato al Giovanni Falcone. Gli agenti indagano ora sugli uomini che le telecamere hanno ripreso mentre abbandonavano la scatola per poi darsi alla fuga, durante la notte.
Allarme bomba a Firenze, in pericolo il procuratore aggiunto Luca Tescaroli
Luca Tescaroli, procuratore aggiunto di Firenze, ha ricoperto un ruolo importante in diverse vicende giudiziarie di spessore e per questo motivo forse è un uomo scomodo alla malavita locale e non solo, perché le sue indagini sconfinano anche dal territorio di Firenze.
Si è occupato, ad esempio, della strage di Capaci ma anche di Mafia capitale, inoltre nel capoluogo toscano è titolare dell’inchiesta sui mandanti delle stragi del 1993/94 come quella di via dei Georgofili.
L’allarme circa una scatola sospetta abbandonata davanti alla sua abitazione è scattato questa mattina intorno alle 8, quando gli uomini della sua scorta l’hanno notata e subito l’hanno segnalata ai carabinieri. Da questa fuoriuscivano dei fili elettrici collegati al portone d’ingresso della casa del magistrato, in una zona in centro.
Sul posto sono arrivati gli artificieri che si sono messi immediatamente a lavoro per verificare di cosa si trattava. Insieme a loro, c’erano i carabinieri che hanno circoscritto l’area evacuando le persone presenti nelle vicinanze e acquisendo i filmati delle telecamere di sorveglianza per capire chi ci sia dietro a questo gesto.
Le riprese mostrano effettivamente due uomini che nella notte si sono avvicinati al portone lasciando la scatola per poi darsi alla fuga. Gli agenti sono a lavoro per risalire alla loro identità e capire, insieme agli esperti, se si trattasse di una bomba effettiva oppure un solo avvertimento.
Le inchieste di Tescaroli
Come abbiamo detto, Luca Tescaroli è un nome importante negli ambienti di legge, infatti il procuratore aggiunto di Firenze ha lavorato nella sua carriera a casi molto importanti contro la mafia. Al momento è titolare insieme al procuratore facente funzioni Luca Turco, dell’inchiesta sui mandanti occulti delle stragi dei primi anni Novanta.
In particolare in queste settimane sta conducendo accertamenti sulle presunte rivelazioni di Salvatore Baiardo riguardanti delle foto che ritrarrebbero Silvio Berlusconi insieme al boss Graviano, implicato con il fratello nelle più gravi stragi mafiose della storia del nostro Paese, ad esempio sono considerati i responsabili degli omicidi di Falcone e Borsellino, insieme ad altre persone come Matteo Messina Denaro. Ancora, sono noti perché condannati come mandanti per l’attentato a Padre Pino Puglisi.
I due palermitano vivevano in un contesto molto difficile e negli anni Ottanta, periodo i cui chiunque intralciava la mafia veniva fatto fuori, come Piersanti Mattarella e Rocco Chinnici, perdono il padre Michele per una lotta in cui gli esponenti della “vecchia mafia” vogliono decimare quelli della “nuova”.
Così Giuseppe e Filippo Graviano si fanno strada, più per vendetta che per altro, nei vertici della nuova mafia e a partire dagli anni Novanta saranno reggenti del mandamento di Brancaccio-Ciaculli, con la benedizione di Totò Riina.
I Graviano furono mandanti insieme a un gruppo d’élite della mafia dell’epoca, di stragi come quella di via dei Georgofili, forse la prima più importante a cui ha lavorato Tescaroli. Era il 1993 quando un’autobomba venne fatta esplodere nella via che si trova nel centro storico di Firenze, vicino alla Galleria degli Uffizi.
Morirono 5 persone e altre 40 rimasero gravemente ferite ma si tratta solo di uno dei tanti episodi inquadrati nella scia degli altri attentati che nei primi anni Novanta provocarono 21 morti fra cui Falcone e Borsellino.
Furono anni molto difficili in cui Cosa Nostra forse ha vissuto il periodo più potente della sua storia criminale. Vennero presi di mira membri delle forze di polizia, esponenti politici ma anche personalità dello spettacolo che contrastavano la mafia e addirittura semplici cittadini. L’obiettivo era quello di indebolire, colpire e ricattare lo Stato, influenzando in questo modo il governo e la società per creare condizioni per realizzare una trattativa Stato-mafia. Ci furono delle negoziazioni con le istituzioni ma poi lo Stato reagì in maniera decisa, avviando l’operazione Vespri siciliani, in cui l’Esercito affiancò le normali forze di polizia per porre fine alle stragi. Un passo importante l’operazione Belva, che portò all’arresto di Salvatore Riina, capo assoluto di Cosa Nostra, latitante dal 1969.
Le sue redini vennero prese da Provenzano ma anche il boss Giuseppe Graviano acquisì un ruolo importante. Appena trentenne infatti si era comunque fatto conoscere nell’ambiente mafioso palermitano ed era molto rispettato ma lo conoscevano bene anche le forze dell’ordine, che lo arrestarono nel 1994 insieme al fratello Filippo mentre i due erano a cena con le fidanzate.
Vennero condannati per la strage di Capaci, quella di via d’Amelio, per l’omicidio di Pino Puglisi, per gli attentati dinamitardi fra cui appunto quello di Firenze, per l’omicidio del figlio del pentito Santino Di Matteo e in ultimo per gli omicidi degli appuntati dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo.
Nella maggior parte di queste inchieste, Tescaroli c’era e questo fa intuire l’interesse della criminalità nel farlo fuori. Tuttavia, stando ad alcune informazioni trapelate pochi minuti fa, sembra che davanti casa sua non ci fosse una bomba ma un pacco di batterie per ricarica di microcar elettriche, quindi è stata esclusa la presenza di esplosivo.
Tuttavia l’avvertimento appare chiaro e anche se le fonti investigative parlano di falso allarme, la tensione è ancora alta nella via dove abita il magistrato che, fra le altre cose, sta lavorando anche al caso della piccola Kata.
Ci sono chiare finalità minatorie dietro al gesto quindi gli inquirenti continuano a indagare su chi ci sia dietro all’avvertimento che ha scatenato momenti di panico generale fra i residenti. Non sono state rilasciate per il momento, dichiarazioni da parte del diretto interessato.