Greenpeace ha lanciato l’allarme sul rischio scomparsa dei ghiacciai alpini italiani, in particolare l’80% di questi sarebbe in stato emergenziale.
La nota associazione ambientalista ha stilato un rapporto insieme al Cgi (Comitato glaciologico italiano) per studiare le condizioni dei ghiacciai del nostro Paese e da questo sono emersi dati molto allarmanti che sebbene collochino il rischio scomparsa al 2060, si tratta comunque di un problema che non dovremmo sottovalutare già da ora. Da tempo di parla di cambiamento climatico e delle disastrose conseguenze dell’azione dell’uomo ma questo è forse l’effetto più devastante e lo abbiamo riscontrato anche in questi anni con eventi che ci hanno toccato da vicino, ricordiamo ad esempio ghiacciai di piccole dimensioni che si sono distaccati precipitando a valle, provocando esondazioni di fiumi o ancora peggio, la morte di chi transitava al di sotto. L’allarme di cui ci informa oggi Greenpeace insomma era già nell’aria da tempo ma veder scritto nero su bianco che la maggior parte dei ghiacciai italiani rischia di scomparire, fa rabbia e anche molta tristezza.
Greenpeace è un’organizzazione non governativa famosa per la sua battaglia pacifista e non violenta, in difesa dell’ambiente. Oggi arrivano proprio da questo ente dati allarmanti elaborati in collaborazione con il Cgi (Comitato glaciologico italiano), che parlano delle condizioni dei ghiacciai alpini italiani.
Sembra infatti che entro il 2060, l’80% sia destinato a scomparire, inoltre sempre in questo periodo temporale si verificherà in Italia una siccità intensa che colpirà oltre le zone montuose anche quelle a valle.
Lo studio è stato condotto partendo da una prima tappa fondamentale, la spedizione sul ghiacciaio dei Forni nel Parco Nazionale dello Stelvio. “Questo ghiacciaio sta perdendo il suo spessore in modo più severo rispetto al 2022, in particolare abbiamo evidenziato il 50%. Questo significa che ne giro di 30 anni, a questo ritmo di assottigliamento, potrebbe scomparire del tutto. Dal 21 al 24 agosto ha perso 37 centimetri, mentre invece la media era di 6 al giorno” ha detto Guglielmina Diolaiuti del Cgi.
Le trasformazioni sono evidenti, questo sostengono gli esperti, che sempre prendendo in considerazione il ghiacciaio dei Forni, partono da metà Ottocento per spiegare cosa sta succedendo.
Questo, che è uno di quelli italiani più monitorati nella storia, è il secondo per estensione nelle Alpi italiane, dopo quello dell’Adamello. Si estende per circa 11 chilometri quadrati ma negli ultimi 50 anni la superficie del ghiaccio si è ridotta molto, tanto che dal 2015 è separato in due apparati diversi a causa proprio di questa diminuzione.
Da quando sono iniziati i rilevamenti, appunto nella seconda metà dell’Ottocento, il ghiacciaio ha perso 10 chilometri quadrati di estensione, ovvero la metà.
“Veniamo da un’estate terrificante del 2022 e speravamo che questa fosse migliore invece è ancora peggio. Questo ci porta a riflettere su come la siccità sia davvero un problema attuale da cui non si può tornare indietro” queste le parole dell’esperto di ghiacciai Claudio Smiraglia, presidente del Cgi e membro degli esperti che stanno lavorando al network “Voci per il clima” promosso proprio da Greenpeace.
È stato proprio lui a sollevare un’altra questione importante da tenere in considerazione, ovvero il valore dello zero termico, il dato meteorologico che indica a quale altitudine la temperatura è di zero gradi. Smiraglia ha affermato che in queste giornate di monitoraggio il valore è sempre stato oltre i 4.000 metri di quota, a volte anche superiore ai 5.000, perciò il ghiacciaio dei Forni è ai livelli di fusione.
Lo scioglimento allarmante a cui stiamo assistendo libera grandi quantità di acqua e proprio questa contribuirà a un ulteriore riduzione dello spessore. Sarà così di continuo e ci sarà un minor rilascio di acqua in estate con impatti importanti anche in pianura.
Se le temperature rimarranno elevate il ghiacciaio subirà conseguenze pesanti e lo stesso meccanismo è chiaramente applicabile anche agli altri del nostro Paese, importanti per rifornire di acqua il territorio, per gli ecosistemi e per attività umane come l’agricoltura.
Come causa di quello che abbiamo appena descritto ci sono le attività dell’uomo, in primis le emissioni che derivano dai combustibili fossili. Questo genere di attività hanno aumentato i gas che alterano il clima e provocano il surriscaldamento atmosferico.
I ghiacciai sono testimoni dei cambiamenti climatici in corso ma anche un perfetto esempio delle conseguenze devastanti. “Il ghiacciaio dei Forni è un malato terminale che sta morendo sotto i nostri occhi” queste le parole di Smiraglia per concludere il suo intervento.
Si attende ora la seconda tappa della spedizione, prevista per fine agosto presso il ghiacciaio del Miage, in Valle d’Aosta. Qui gli esperti misureranno la fusione annuale di questo grande ghiacciaio alpino che si trova nella catena del Monte Bianco.
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