Arriva oggi l’allarme di Legambiente in merito ai reati commessi lungo le coste italiane, in aumento del 3,2% nel 2022 rispetto all’anno precedente.
Per la precisione sono 19.530 gli episodi di danneggiamento all’ambiente marino e si tratta di reati di vario tipo, come inquinamento, depurazione effettuata in modo non corretto, pesca di frodo e tanti altri.
Preoccupa l’allarme di Legambiente in merito ai reati che sono stati commessi nel 2022 sulle coste italiane. I numeri parlano di una percentuale in aumento rispetto ai rilevamenti dell’anno precedente, del 3,2% (19.530 reati).
Questo è quanto emerso dal report che prende il nome di “Mare Monstrum” e analizzando le tipologie di reato compiute, queste sono diverse: cementificazione illegale, inquinamento, pesca di frodo, maladepurazione e molti altri.
C’è poi spazio per il capitolo degli illeciti amministrativi, accertati anche questi in aumento del 13%. La Capitaneria di Porto riveste in questa pagina molto triste del nostro Paese, un ruolo importantissimo perché è in prima linea per pattugliare i mari ed evitare i danneggiamenti ambientali ma stando ai numeri evidenziati dal rapporto di Legambiente, è chiaro come questo lavoro non sia sufficiente e ci sia bisogno di formare un fronte più ampio contro questi illeciti.
Le forze dell’ordine hanno accertato che per ogni chilometro di costa sono avvenute quasi 9 infrazioni, insomma nessuna area dell’Italia è esclusa. Sempre Legambiente aveva osservato poco tempo fa come le coste italiane siano sempre più fragili, provate da un duro periodo di eventi estremi, in particolare sono stati oltre 700 quelli che si sono abbattuti sulla penisola dal 2010 ad oggi. Ora questo nuovo studio rileva un ulteriore fattore di forte indebolimento dei mari, patrimonio che invece tutti dovremmo impegnarci a preservare.
Nel rapporto, presentato in occasione dell’anniversario dell’uccisione del sindaco pescatore Angelo Vassallo che sempre si è impegnato contro le illegalità in campo marino, si legge che quasi la metà dei reati si registra in 4 regioni in particolare, anche se come abbiamo detto nessun tratto di costa è escluso completamente: al primo posto la Campania, poi la Puglia, a seguire Sicilia e Calabria. Dopo queste regioni a tradizionale presenza mafiosa, elemento che contribuisce all’alto numero degli illeciti, c’è il Lazio. A essere in testa invece per il numero di infrazioni per chilometro di costa è la Basilicata, seguita da Emilia Romagna, Molise, Abruzzo e Veneto.
Analizzando le varie tipologie di reati prese in considerazione dalla stima di Legambiente, è emerso che nel 2022 a farla da padrone è stato il ciclo illegale del cemento (abusivismo edilizio, occupazioni di demanio marittimo, cave illegali, illeciti negli appalti pubblici). A seguire poi lo smaltimento di rifiuti eseguito in modo non corretto e la pesca di frodo che ha registrato quasi 4.000 episodi.
In aumento poi le violazioni del Codice della navigazione, infatti sono state segnalate molte imbarcazioni in aree protette, cosa che ha portato a sequestri, arresti e denunce. Le diverse filiere in cui si diversifica l’illegalità ambientale marina hanno un impatto economico non indifferente, circa 480 milioni di euro in sanzioni amministrative.
Ma poniamo l’accento su un tema che sta molto a cuore a tutti, quello dell’inquinamento. Per farlo riportiamo una notizia che risale proprio al periodo in cui Legambiente effettuava lo studio in Italia. Nel marzo del 2022 è stata raccolta la prima traccia di Pet e plexiglas nel sangue, questo significa che l’acqua è talmente inquinata di plastica, che questa intacca l’organismo umano e persiste nel sangue, oltre chiaramente a provocare danni terribili alla fauna marina e all’ambiente costiero italiano e non solo. La ricerca è stata condotta nei Paesi Bassi ma anche i rilevamenti che l’associazione ha fatto in Italia non sono meno preoccupanti.
In particolare, il Mediterraneo ha la più alta concentrazione di microplastiche fra tutti i mari e secondo il Wwf il nostro Paese è il maggiore responsabile. L’Italia vanta una top 5 molto triste, in particolare Roma, Milano, Palermo, Torino e Genova sono le città che più immettono plastica nel Mediterraneo, dove convergono oltre 200mila tonnellate di questo materiale ogni anno.
Principalmente, questo avviene a causa delle attività legate alla costa e della gestione inefficiente dei rifiuti, specialmente in estate, ovvero nel picco dei flussi turistici. Si aggiungono però anche la pesca e la navigazione, che disperdono in acqua reti e cassette per il trasporto del pesce.
La plastica si deteriora con il tempo e i suoi minuscoli frammenti finiscono nel sangue ed entrano in circolazione con il corpo umano. In particolare il Pet che costituisce le bottiglie ma anche il polistirene usato negli imballaggi e il plexiglas.
Sui fondali e in superficie la situazione è tragica e il rapporto diffuso oggi vuole davvero porre l’attenzione su un tema importantissimo e purtroppo sottovalutato. Oltre a intensificare l’attività di controllo, le associazioni chiedono che vengano inasprite le sanzioni e soprattutto, si cerca di sensibilizzare quella parte delle persone che ancora pensa che buttare rifiuti in mare non porti a conseguenze, magari solo perché sono di piccole dimensioni.
C’è poi quella parte degli illeciti contro cui i migliaia di volontari impegnati in questo tema non possono nulla, ovvero lo smaltimento illegale dei rifiuti e le speculazioni sulla cementificazione. In questo caso c’è bisogno di una mobilitazione specifica da parte del governo, per tutelare finalmente il nostro patrimonio marino con procedure e sanzioni che fungano da deterrente in maniera concreta.
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