I primi exit poll delle elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio hanno confermato quello che si diceva anche prima, nei sondaggi: il centrodestra, rispettivamente con Attilio Fontana e Francesco Rocca, ha vinto, anche di tanto, mentre le opposizioni, che si sono divise in maniera diversa nelle due regioni, no. E in effetti, non sarebbe cambiato niente, alla luce dei numeri, se il MoVimento 5 stelle anziché proporre Donatella Bianchi nel Lazio contro (anche) al candidato del Partito democratico, Alessio D’Amato, avesse deciso di entrare nella partita. E non sarebbe cambiato nulla neanche se il terzo polo, per il Pirellone, non avesse deciso di appoggiare Letizia Moratti – che rimane comunque una del centrodestra -, anziché entrare nella coalizione di cui, invece, facevano parte sia i dem, sia i pentastellati e che proponeva Pier Francesco Majorino.
Anche se, in parte, disattese, quei primi dati stanno avendo conferma anche ora, che sono passate delle ore, e che sono iniziati gli scrutini. A tre quarti del lavoro, di margini perché ci sia un sorpasso ce ne sono davvero pochissimi, anzi non ce ne sono proprio. Non ce ne sono, infatti, neanche perché si arrivi a pareggiare. In Lombardia, la forbice che davano da YouTrend è stata anche disattesa, perché l’ex governatore, che pure aveva avuto qualche lacuna nella gestione della pandemia da Covid, ha ottenuto un quasi plebiscito, con quasi il doppio dei voti rispetto al candidato del Pd, e con la sua ex vice lontana di quasi il 50% dei consensi.
Fontana ha vinto nonostante la Lega, nella sua regione, avesse ceduto dei pezzi, tanti, a Fratelli d’Italia, e forse ha vinto proprio in forza del partito della premier Giorgia Meloni, perché sono loro a trascinare gran parte dei voti, più, quindi, di quelli del Carroccio, di cui fa parte il presidente, ma anche Matteo Salvini, mentre Silvio Berlusconi, ormai, è quasi sparito, inglobato dalle due forze con cui governa a Palazzo Chigi.
Ma d’altronde, c’era da aspettarselo. Il Cavaliere, e il suo Forza Italia, viene votato soprattutto quando è lui a metterci la faccia in prima persona, specialmente in questi momenti. Ieri, poi, ha parlato ancora una volta in maniera poco garbata di Volodymyr Zelensky, il presidente dell’Ucraina. Se prima, infatti, le parole, registrate da qualche talpa, erano uscite a conti già fatti, ora sono venute fuori quando le urne erano ancora aperte, e non sono piaciute a nessuno, neanche a Kiev, tra l’altro dopo una settimana difficile in cui Meloni è stata quasi messa al palo anche da Emmanuel Macron. Ma non solo, perché anche in settimana Berlusconi aveva fatto capire che, in altre condizioni, lui avrebbe dato il suo voto a Moratti, che invece stava con il terzo polo.
In Lombardia, ha perso la sinistra, il Partito democratico soprattutto, e hanno perso Matteo Renzi e Carlo Calenda, perché i sondaggi che li vedevano appaiati a Majorino non raccontavano la realtà, la edulcoravano piuttosto. E nessuno dei due ha avuto ragione.
Nel Lazio, invece, è successa una cosa a sé: innanzitutto, in prima linea per il centrodestra, c’era un uomo scelto dalla prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, che pure non fa parte di Fratelli d’Italia, ma era il presidente della Croce Rossa italiana, dal passato un po’ ombreggiato, ma comunque un candidato valido, così tanto che ha battuto l’ex assessore alla Sanità, lui che aveva gestito parecchio bene le cose durante e dopo il lockdown tanto da essere soprannominato Mister Vaccino, una figura politica che piaceva al Pd e piaceva anche al terzo polo. Peccato che lui aveva da scontare il peso di due forze inconciliabili come il MoVimento 5 stelle, e Azione e Italia viva, appunto. Perché sì, ce si fosse stato un ticket tra D’Amato e Bianchi per contrastare Rocca, forse le cose non sarebbero andate così, e qualcuno in più si sarebbe anche presentato ai seggi.
Al di là, infatti, di chi abbia vinto o meno, è la politica, ancora una volta, a non aver risposto presente. Il trend delle elezioni del 25 settembre sull’affluenza ha fatto registrare un ulteriore discesa verso il basso, quasi negli abissi. Nel Lazio hanno votato il 37,19% delle persone, in Lombardia poco di più: il 41,67. Solo due aventi diritto su cinque sono andati a votare e, considerato che le due regioni hanno il 20% della popolazione totale italiana, la situazione è vicina al drammatico. In città come Roma, la più grande città italiana per estensione e per abitanti, solo il 33,11% delle persone ha votato: un romano su tre, in pratica.
Forse è su questo che si devono interrogare tutti, chi più chi meno, ovviamente. Che la nostra classe dirigente è quanto di più lontano dalla vita delle persone, e forse lo è anche la televisione, che solo a Sanremo ci ha mostrato l’amore libero, a modo suo, il volto del razzismo, la situazione delle carceri, anche la libertà d’espressione.
Sfuggono dai radar tutti quei microcosmi che un tempo si sono riconosciuti nel movimento di Beppe Grillo prima che diventasse quello di Giuseppe Conte, e che ora stanno a casa pur di non votare. O tutta quella parte di sinistra che non è rappresentata più da nessuno, e che un po’ si sente tradita. E no, nel Pd, neanche con il Congresso, le primarie, Stefano Bonaccini, Elly Schlein, si è riflettuto a sufficienza per stravolgere, per avvicinarla alla gente. Ma se da questa logica quasi distruttiva escono meglio i vari Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – con le dovute eccezioni -, non significa che anche loro non abbiano delle colpe.
Il Palazzo è così lontano che sembra un’immagine del deserto, ma quella piuttosto è un desiderio che si fa vivo a modo suo, questa è più che altro un oggetto sbiadito che si sa non potrà mai appartenerci. E che neanche ci capisce. Non sa di cosa abbiamo bisogno, anche perché non ci vuole ascoltare, e si gira dall’altra parte.
Solo i politici e i giornalisti, ha detto qualcuno per analizzare questi dati, seguono la politica ogni giorno. Per gli altri forse non esiste, o ce ne si rende conto solo nel momento in cui si possono pagare solo con i contanti le sigarette, quando lo stipendio non basta più ad arrivare fino a fine mese, o quando il prezzo della benzina sale alle stelle. Peccato che incidano su tutto le decisioni che si prendono dalla Camera, dal Senato, dal governo, dalle regioni, e dai comuni. E a capirlo dovrebbero essere loro, quelli che siedono su quegli scranni, non tanto per quanto prendono, quanto perché sono davvero chiamati a risolvere dei problemi, e forse non lo fanno a sufficienza, o non lo fanno come dovrebbero.
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