Per diagnosticare le allergie alimentari si usano alcuni test indicati dal medico. Non tutti gli esami, però, possono essere considerati validi. Secondo le linee guida fornite dalla Società di allergologia, esistono degli esami che non servono a nulla e per i quali si spendono in Italia circa 300 milioni all’anno. Un problema da risolvere, quindi, visto che si calcola che gli italiani allergici ai cibi sono oltre 2 milioni: 600.000 i bambini, circa 1,3 milioni gli adulti. A questi si aggiungono altre 8.000 persone che, per condizionamento psicologico, incorrono in dei malesseri che vengono erroneamente collegati all’ingestione di qualche cibo.
I costi
In base ai dati forniti dall’indagine portata avanti dalla Società di allergologia, ogni anno sono 3-4 milioni gli esami inutili che vengono eseguiti per diagnosticare delle ipotetiche intolleranze o allergie. Si arriva ad un vero e proprio spreco di centinaia di milioni di euro, per sottoporsi ad alcuni esami che non hanno corretta validazione scientifica e che comportano una spesa dai 90 ai 400-500 euro.
I test messi al bando
Ma questi test per le allergie e le intolleranze alimentari funzionano davvero? Secondo gli esperti, alcune procedure diagnostiche, come quelle del capello o della forza muscolare, sarebbero del tutto prive di fondamento scientifico e non solo rischiano di non far individuare i veri pazienti, ma comportano diagnosi errate, che non consentono ad uno specialista allergologo di indicare i passi giusti da seguire. Messi al bando anche il Vega test (attraverso un particolare strumento si misura la resistenza elettrica della pelle prima e dopo il contatto con un alimento) e la biorisonanza, che si propongono come esami alternativi e che possono rivelarsi inaffidabili.
Gli studiosi hanno sottolineato come i metodi diagnostici attuali non alternativi siano molto raffinati e consentano, nel caso delle allergie alimentari, come per esempio quella all’uovo, di individuare con precisione a quale proteina dell’alimento si è ipersensibili. Alcuni test sono essenziali perché permettono di indicare ai pazienti come comportarsi, migliorando nettamente la loro qualità di vita.
I test tradizionali
Meglio, quindi, non fidarsi dei test non convenzionali ed affidarsi a quelli più classici, per valutare la possibilità di un’allergia alimentare, come quella al nichel, che comporta anche l’attenzione sui cibi da evitare. Fra i test alternativi ci sono quelli cutanei, come il Prick test e gli esami di laboratorio, come il Rast test e il CAP-System.
Il Prick test viene eseguito ponendo sulla pelle alcune gocce di allergene. Si procede poi a graffiare leggermente la cute. Se entro 20 minuti compaiono gonfiore e arrossamento localizzati, si deduce una reazione in risposta all’allergene alimentare testato. Quando non è possibile procedere all’esame cutaneo o ci sono dei dubbi, si utilizzano i test di laboratorio sul sangue, che consistono nella ricerca di un tipo specifico di anticorpi, le immunoglobuline. Si utilizzano in questo modo il Rast test e il CAP-System. Il primo viene eseguito con un metodo radioimmunologico e il secondo segue un principio immunoenzimatico.