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Categories: Ambiente

Allevamenti intensivi: tutti i casi più clamorosi denunciati dagli animalisti

Non si contano più oramai i blitz negli allevamenti intensivi, che denunciano le violenze e gli orrori quotidiani che avvengono in questi luoghi in ogni angolo del mondo. Animali maltrattati, sfruttati fino allo sfinimento, per garantire una produzione industriale a ritmo continuo, in grado di soddisfare la domanda e allo stesso tempo mantenere costi accessibili. Proviamo ad osservare più da vicino quella che è stata definita l’industria più distruttiva del pianeta mettendo insieme tutti i casi più clamorosi denunciati dagli animalisti attraverso foto e filmati diffusi attraverso i mezzi di comunicazione.

Al di là delle vicende in cui vengono evidenziate vistose infrazioni alle norme esistenti, quella che emerge da una radiografia internazionale del fenomeno è anche la situazione quotidiana a dir poco pesante in cui sono costretti a vivere ovini, bovini, suini e qualsiasi altra specie destinata al consumo, vittime sacrificali di una filiera industriale che deve sfamare un pianeta sovrappopolato: dagli Stati Uniti all’Europa, la situazione globale prevede stress, carenze igenico-sanitarie, sofferenze fisiche e psicologiche diffuse a più livelli, persino casi eclatanti di modifiche genetiche.

L’orrore dei mattatoi: il caso Francia

Il passaggio terminale degli allevamenti sono i mattatoi dove gli animali diventano cibo per l’uomo, ma anche in questo caso non sempre vengono rispettati gli standard fissati dalle normative per rispettare le specie allevate, cercando di procurare loro meno sofferenze possibili, per quanto ciò possa apparire un ossimoro: il caso che ha sconvolto l’opinione pubblica più recentemente sono stati dei video diffusi in Francia nel 2016 che hanno mostrato le ripetute violenze nei confronti di agnelli ed altri animali, facendo inorridire anche chi normalmente consuma carne, tanto da diventare un caso nazionale con conseguente promessa di intervento da parte del governo. Alcuni dei mattatoi finiti sotto accusa hanno persino la certificazione bio, a dimostrazione di quanto il fenomeno sia largamente diffuso.

Non solo violenze: il problema inquinamento

Oltre alle crudeltà sugli animali, testimoniate in numerose occasioni mediante l’utilizzo di telecamere nascoste e intercettazioni, gli allevamenti intensivi producono un livello di inquinamento ambientale preoccupante in tutta la zona circostante un’azienda, come ha svelato un regista statunitense che ha utilizzato un drone per sorvolare una fattoria di proprietà della più grande produttrice di carne di maiale del Paese: ad emergere è la contaminazione delle falde acquifere e dei terreni a causa dello sversamento dei rifiuti, che genera oltretutto problemi di salute nella popolazione limitrofa riscontrati e denunciati alle autorità competenti. Solo un caso oppure tanti altri allevamenti sono nella medesima situazione di questa?

Il giro del mondo delle crudeltà

Negli ultimi anni, grazie anche alla pervasività dei nuovi mezzi di comunicazione, si sono costantemente moltiplicate le denunce degli attivisti, non risparmiando nessuna specie e nessun Paese: in questo giro del mondo delle crudeltà commesse sono emersi i maltrattamenti subiti dai conigli negli allevamenti in Spagna, le mucche picchiate mentre veniva loro estratto il latte in Canada, persino le mansuete pecore colpite con violenza durante la tosatura in Australia: senza voler essere in alcun modo alibi o giustificazione, l’allevamento intensivo comporta di per sé orari di lavoro massacranti e una velocità nell’esecuzione da catena di montaggio, che si finisce forse inevitabilmente per diventare insensibili alle creature con cui si ha a che fare. Esseri viventi destinati ad essere trattati come oggetti, e come oggetti eliminati con freddezza quando sono considerati inutili scarti o improduttivi.

Allevamenti in Italia: la denuncia di Essere Animali

[Credit Photo: Essere Animali]

Nell’aprile 2016 l’associazione Essere Animali denuncia quello che definiscono ‘uno scenario agghiacciante‘ di molti allevamenti italiani, documentato in un video frutto di numerosi blitz con telecamere giugno e dicembre 2015 in diversi allevamenti situati tra Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, regioni dove vi è il più alto numero di aziende che allevano animali: gli attivisti si sono imbattuti in esemplari chiusi in gabbie anguste e capannoni sovraffollati, piccoli suini schiacciati dalle scrofe, vitelli isolati dalle loro madri in appositi box, numerosi casi di animali feriti o malati lasciati in stato di sofferenza.

Secondo una recente indagine Eurobarometro sul benessere animale condotta dalla Commissione Europea, l’80% degli italiani vorrebbe essere più informata sulle condizioni degli animali negli allevamenti. Le nostre indagini rispondono a queste domande e mostrano la cruda realtà che si nasconde in questi luoghi dove, più che tener conto delle reali esigenze etologiche degli animali, si persegue la logica del massimo profitto‘, dichiara l’associazione, che si batte proprio affinché la consapevolezza degli italiani sul fenomeno aumenti attraverso un’informazione virale attraverso vecchie nuovi mezzi di comunicazione.

Il triste destino dei pulcini maschi

Il caso più emblematico che forse meglio riassume ed esemplifica questa condizione è il triste destino dei pulcini maschi, che negli allevamenti ovicoli di tutto il mondo vengono soppressi perché al contrario delle femmine non servono alla produzione di uova: per questo motivo vengono uccisi, tritati vivi oppure sterminati con il gas, metodi considerati legali e pertanto comunemente usati ovunque nel mondo. Legali ma eticamente inaccettabili, tanto che cresce nell’opinione pubblica l’onda di protesta per questa barbarie istituzionalizzata.

Non solo cibo: gli allevamenti di pellicce

[Credit Photo: Peta]

Se gli allevamenti animali intensivi riguardo in gran parte la filiera dell’agro-alimentare, esistono ancora oggi numerosi esempi che operano in un altro settore, quello della produzione di pellicce: nonostante siano sempre di più i consumatori che chiedono tessuti ecologici per i loro abiti, e contestualmente sia in aumento anche il numero degli stilisti che abbandonano i materiali di origine animale, ancora oggi esistono allevamenti che praticano sevizie nei confronti degli esemplari presenti, come hanno denunciato alcune associazioni riguardo ad esempio la spiumatura delle oche vive in Ungheria, i rettili uccisi barbaramente per confezionare borsette ed altri capi d’abbigliamento d’alta moda, le torture e le morte atroci dei visoni. Un elenco infinito che non risparmia purtroppo nessun animale allevato per questi scopi.

Giulio Ragni

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