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La vita dei polli in allevamento in Italia è migliorata dopo la direttiva del Consiglio dell’Unione europea del 2007 che stabilisce norme minime per la protezione di quelli destinati alla produzione di carne? Le immagini che vediamo nell’investigazione pubblicata da Animal Equality mostrano una realtà che sembra non aver recepito i divieti legati alla violenza e le disposizioni previste per il benessere animale, sottolineate dalla comunicazione, sempre dell’Unione Europea, del 2012: “Ad oggi la direttiva europea parla di un massimo di densità di 42 kg al metro quadrato ma noi chiediamo, attraverso la nostra petizione, di aprire una trattativa per poter arrivare a 30 kg al metro quadrato come limite massimo” dichiara Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality.
L’associazione Non Profit, da anni impegnata nella protezione degli animali allevati a scopo alimentare, ha indagato all’interno di alcuni allevamenti italiani del mercato avicolo, un settore in continua crescita di consumi. Andando a leggere i dati pubblicati da UnaItalia (Unione nazionale Filiere Agroalimentari Carni e Uova), nel 2016 la produzione di carne avicole in Italia è stata pari a 1.389.000 tonnellate, con un aumento rispetto all’anno passato del 5,1%. L’aumento in particolare riguarda la carne di pollo che arriva a 981.000 tonnellate (+5,6%), seguita da quella di tacchino, con 331.000 tonnellate (+5,8%). Il nostro Paese è il principale produttore di quello sulle nostre tavole: su 1.275.300 tonnellate solo l’85.800 riguarda infatti l’importazione. Un settore quindi in cui il 99% delle carni bianche mangiate in Italia proviene dagli allevamenti nazionali. Il comparto deve fare i conti anche con la redditività. Sul sito UnaItalia leggiamo: “Per quanto riguarda il fatturato del settore avicolo 2016, si stima intorno a 5.450 milioni di euro. Si rileva una leggera diminuzione rispetto ai 5.600 milioni del 2015, dovuta, come sopra accennato, alla diminuzione dei prezzi alla produzione indotta dall’andamento produttivo e dal prezzo delle materie prime cerealicole”.
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Il problema infatti rimane la crescente domanda di carni bianche a prezzi sempre più stracciati, che ha spinto negli anni una selezione genetica dei polli da carne, che possa far raggiungere il peso giusto per la macellazione già dopo sei settimane di vita. Cosa comporta? Non tutti i polli reagiscono bene, alcuni hanno deformazioni e patologie alle ossa, ai polmoni o al cuore, proprio perché non si sviluppano così velocemente come la loro muscolatura, o almeno non nel modo corretto. Le immagini dell’indagine ci mostrano animali che non riescono a camminare, in alcuni casi non riescono a raggiungere la mangiatoia o l’abbeveratoio e sono quindi destinati a una tragica fine, quella per inedia. Già in uno studio pubblicato nel febbraio 2008 da PlosOne venivano riportate le diverse malformazioni e i problemi motori sviluppati dai polli della razza Broiler, quella maggiormente utilizzata negli allevamenti intensivi proprio per la caratteristica di crescere tanto e molto in fretta: “A un’età media di 40 giorni – si legge nello studio – più del 27,6% dei volatili del nostro studio mostrano problemi di movimento e il 3,3% era praticamente incapace di muoversi”.
“Mancano spesso le cure veterinarie e moltissimi animali muoiono in agonia – prosegue il direttore esecutivo di Animal Equality – Le normative sul benessere animale devono essere maggiormente monitorate. Ad esempio, durante il passaggio dalle gabbie dei camion ai ganci per il macello, il processo dovrebbe essere sorvegliato da un veterinario, che nelle immagini che abbiamo raccolto non è presente”. Numerosi studi scientifici hanno infatti ribadito le abilità cognitive, emozionali e sociali dei polli. Ricordano eventi, fanno scelte critiche, sono animali socievoli, sviluppano relazioni tra loro e si difendono dai predatori. Le riprese che li ritraggono dimenarsi sui ganci, in attesa di un processo di macellazione che dovrebbe seguire dei criteri precisi, mostrano al contrario polli che sono ancora in stato di semi coscienza, agonizzanti.
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