Dicono no all’alternanza scuola-lavoro gli studenti italiani che oggi, 13 ottobre 2017, scendono in piazza contro quello che definiscono un vero e proprio sfruttamento. La protesta, a cui gli studenti aderiscono indossando una tuta blu, coinvolge associazioni e collettivi studenteschi in tutta Italia, per una mobilitazione generale contro tirocini mal pagati, borse di studio sempre inferiori e condizioni, pessime, dell’edilizia scolastica.
‘Questo è il primo sciopero contro l’alternanza scuola-lavoro – ha spiegato Francesca Picci, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti che ha organizzato la protesta, in atto in 70 città italiane. L’idea è di scendere in piazza attraverso uno ‘sciopero alla rovescia’, coinvolgendo genitori, insegnanti e operatori del settore, per confrontarsi pubblicamente sulle criticità del mondo della scuola. A distanza di due anni dall’approvazione della Buona Scuola, infatti, l’alternanza scuola-lavoro sembra essere più un vantaggio per le imprese che un’esperienza formativa per gli studenti, che denunciano la loro condizione di ‘mano d’opera a basso costo’ e di ‘merce nelle mani delle aziende’. A tutto questo, si aggiunge la scarsità di investimenti sull’edilizia scolastica, il numero chiuso di molti atenei (alla protesta contro l’alternanza scuola-lavoro aderiscono, infatti, anche gli universitari) e le borse di studio sempre più scarse rispetto al numero dei richiedenti.
‘Siamo stanchi di vedere i nostri percorsi di studi degradati a manodopera a basso costo per enti, privati e imprese – ha spiegato il coordinatore nazionale di Link Coordinamento Universitario Andrea Torti, chiedendo maggiori risorse per istruzione e ricerca e una revisione, concreta, del progetto sull’alternanza.
La protesta studentesca in atto quest’oggi, infatti, si concentra sulle modalità con cui si portano avanti i tirocini formativi, sottolineando la necessità da parte del Ministero di chiarire i criteri dell’alternanza scuola-lavoro affinché gli studenti vivano questa esperienza come davvero formativa, anziché relegati in situazioni di precarietà con mansioni che spesso non gli competono. ‘Chiediamo al ministero dell’Istruzione che fine abbia fatto lo statuto delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola-lavoro e il codice etico per le aziende – ha detto ancora Picci – siamo stanchi di aspettare. Viviamo sulla nostra pelle i disagi di questo modello di alternanza scuola-lavoro, noi siamo studenti, non merce nelle mani delle aziende’.