La nuova speranza è il risultato di uno studio di ricercatori dell’Università di Macquarie a Sydney guidato dal Dr. David Lovejoy.
Gli investigatori scientifici hanno scoperto che le persone sane, maggiori di sessantacinque anni di età, che presentano un certo livello di un biomarker del sangue hanno trentacinque volte in più la possibilità di soffrire un deterioro cognitivo.
È una nuova speranza quella che arriva dall’Australia. La ricerca scientifica portata avanti dalla Macquarie University e dall’Agenzia scientifica nazionale australiana ha scoperto che la produzione di elevate quantità di un biomarcatore chiamato 3-HAA avrebbe una stretta relazione con l’apparizione della Sindrome di Alzheimer.
Il Dr. David Lovejoy, il leader del Team che ha lavorato sulla scoperta ha spiegato, in termini comprensibili a tutti noi comuni mortali, cosa succede al nostro organismo durante la produzione di questa sostanza biochimica. Lo scienziato spiega come il corpo umano abbia la necessità di scomporre e produrre y prodotti coinvolti nel metabolismo. Sostanze come i metaboliti possono in certe circostanze diventare tossiche fino al punto di provocare una reazione a catena nel nostro organismo che conduce alla morte dei neuroni. Nel caso del 3-HAA, un livello elevato di questo prodotto organico in persone over 65 aumenterebbe di almeno 35 volte la possibilità di sviluppare la malattia di Alzheimer. Sarebbe questo, perciò, più che un segnale evidente di pericolo. L’accumulo di 3-HAA, infatti, danneggia la risposta immunologica dell’organismo.
Secondo i ricercatori questa straordinaria scoperta è un passo in avanti per la diagnosi precoce del morbo di Alzheimer. Ci sarebbe, infatti, la possibilità di poter identificare i pazienti a rischio con un semplice ed economico esame del sangue. Potenzialmente, questa predizione potrebbe anticipare l’apparizione dei sintomi della malattia di molti anni.
Inoltre, l’adozione di buone abitudini alimentari e uno stile di vita sano, pur non riducendo il declino cognitivo, possono calmare l’infiammazione cronica che soffre l’organismo colpito dal morbo di Alzheimer. Per questa ragione si consiglia seguire una dieta alimentare di tipo mediterraneo, evitando alimenti processati e alcol, e dedicando almeno trenta minuti al giorno all’esercizio cardiovascolare.
Per la lotta farmacologica contro la degenerazione cognitiva provocata dall’Alzheimer, invece, si è scoperto che gli inibitori dell’enzima acetilcolinesterasi, come i medicinali Dopenezil, Galantamina, Rivastigmina, aumentano la concentrazione di acetilcolina nel cervello riducendo di quasi il 40% la mortalità del Morbo.
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