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Seicentodue edifici demoliti e oltre 150.500 tonnellate di detriti rimosse solo nell’ultimo anno. A due anni dalla prima terribile scossa che il 24 agosto 2016 ha distrutto Amatrice, Accumoli, Arquata e ha portato alla morte di 299 persone, continua incessante il lavoro di centinaia di uomini e donne dell’esercito per ridare un volto ai borghi feriti e ancora distrutti. Purtroppo la vera ricostruzione dei paesi colpiti è bloccata, non tanto per mancanza di fondi, ma per le lungaggini burocratiche che congelano le attività necessarie per rimettere il piedi il territorio devastato dal sisma.
“Il paese non c’è più. Sotto le macerie ci sono decine di persone”, furono le prime parole del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, pochi minuti dopo il boato, quando ancora circondato dal buio pesto, alle 3.36 della notte, dalle macerie intorno intuì che il suo paese era stato cancellato. Non poteva immaginare che con Amatrice erano andati perduti interi comuni tra Lazio, Marche e Abruzzo.
La terra aveva tremato con una forza di magnitudo 6.0. Il centro Italia si era svegliato nel panico. L’epicentro del sisma era stato registrato nei pressi di Accumoli, nella provincia di Rieti, in Lazio. Ma la terra continuò a tremare in modo violento anche nelle ore successive, circa 300 scosse, quelle più forti di magnitudo 5,1 alle 4.32 e 5,4 alle 4.33 con epicentro a 5 chilometri da Norcia.
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Ancora adesso oltre 360 militari operano nei comuni delle Marche (Arquata del Tronto, Castelsantangelo sul Nera, Visso, Sarnano e Montegallo), del Lazio (Amatrice e Accumoli) e dell’Abruzzo (Campotosto) con centinaia di mezzi speciali del Genio per rimuovere macerie, demolire gli edifici pericolanti e garantire la sicurezza e la vigilanza dei borghi ancora disabitati, per prevenire atti di sciacallaggio.
Dei quasi 300 morti, 242 erano ad Amatrice e molti alloggiavano nello storico Hotel Roma, al completo per la sagra dell’amatriciana che si sarebbe festeggiata due giorni dopo. E quest’anno, dal 31 agosto al 2 settembre, si riparte riprendendo da dove il festival si era interrotto, dalla 50esima edizione che allora non ci fu.
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Le macerie, i volontari, le tendopoli. Con una carrellata di immagini il dipartimento nazionale della Protezione civile ricorda su Twitter il 24 agosto 2016, a due anni esatti dal terremoto che squarciò la terra in Marche, Abruzzo e Lazio, distruggendo interi paesi. Simbolo di quella tragedia, i Paesi di Amatrice e Accumoli rasi al suolo.
Come riportato da Il Fatto, Filippo Palombini, ex vicesindaco poi diventato sindaco al posto di Sergio Pirozzi, spiega: “Che a due anni dal sisma non sia ancora stato ricostruito nulla è normale. Non si può partire con la ricostruzione tra gli edifici pericolanti. Per ricostruire in un territorio così vasto ci vogliono anni. Il problema è che per via delle macerie manca la fiducia”. Il problema è la burocrazia: “Studi di fattibilità, conferenze dei servizi, gare, ricorsi, cantierizzazione. Quando si decide che una gestione è commissariale, si dovrebbe agire con procedure più snelle”.
Il commissario alla ricostruzione (in scadenza), Paola De Micheli, fa sapere che per ora sono stati stanziati 150 milioni, 113 per le opere pubbliche, 35,6 per le 325 domande di ricostruzione dei privati. Il Governo, per i sismi del centro Italia ha impegnato, sulla carta, 847 milioni nel 2016, 2,3 miliardi nel 2017, 1,8 nel 2018, 1,5 nel 2019.
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