“Il buco dell’ozono quest’anno ha raggiunto la sua massima estensione e in generale grandi dimensioni a livello di profondità e ampiezza negli ultimi anni”. Ad affermarlo è il Copernicus climate change service (C3s), uno dei sei servizi tematici del Programma Copernicus dell’Unione Europea, che insieme al Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio monitora la situazione climatica del Pianeta.
Lo strato di ozono è fondamentale per la vita poiché ci protegge dalle radiazioni ultraviolette dannose: uno scudo che deve essere mantenuto il più intatto possibile.
Il 2020 si rivela essere un anno durissimo per la Terra: in Antartide, a 20-25 km di altitudine (50-100 hPa), le concentrazioni di ozono stratosferico sono arrivate a un valore prossimo alle zero e la profondità dello strato di ozono inferiore a 100 unità Dobson, circa un terzo del valore medio.
Le cause di questa situazione drammatica sono un vortice polare forte, stabile e freddo, come ha spiegato Vincent-Henry Peuch, direttore di Copernicus atmosphere monitoring service, e la grandezza del buco, che è oggi simile a quella del 2018, quando aveva raggiunto una delle dimensioni più ampie degli ultimi quindici anni.
Nel corso del 2019 si era ridotto grazie a condizioni metereologiche particolari estremamente favorevoli, ma ora, con il ritorno a una situazione standard, sono tornati anche i soliti problemi: con l’arrivo nelle ultime settimane dei raggi solari verso il Polo Sud, è stata constatata la riduzione dell’ozono.
“Cams monitora continuamente il buco dell’ozono per fornire informazioni sulla sua estensione e grandezza ogni anno quando esso si sviluppa e si rigenera. Stiamo fornendo previsioni sulle concentrazioni di ozono stratosferico fino a cinque giorni in anticipo. Monitoriamo anche la quantità di radiazioni UV che raggiungono la superficie terrestre, che dipendono anche dalle nuvole e dagli aerosol nell’atmosfera“, ha spiegato sempre Peuch.
Secondo lo studioso, è necessario continuare ad applicare il protocollo di Montreal, entrato in vigore nel 1989 e che prevede la riduzione se non il divieto della produzione di sostanze chimiche dannose per lo strato di ozono. Da oltre trentanni, si prova a salvaguardare l’atmosfera con purtroppo scarso successo.
Cloro e bromo, accumulatisi nel vortice polare, rimangono inattivi, da un punto di vista chimico, al buio. Il vortice può arrivare a una temperatura di -78° C, facendo sì che si formino cristalli di ghiaccio nelle nubi stratosferiche polari. Quando i raggi solari raggiungono il Polo Sud, la loro energia sprigiona atomi di cloro e bromo attivi, portando a reazioni chimiche che distruggono le molecole di ozono.
Rispettare il protocollo di Montreal è l’unica soluzione concreta per contrastare l’estensione del buco dell’ozono: purtroppo i singoli possono fare ben poco, se non chiedere a gran voce alle istituzioni che vengano applicate le norme e che imprese e aziende di tutto il mondo le rispettino.
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