Molti l’associano principalmente al caso Eternit di Casale Monferrato e al suo processo giudiziario finito in prescrizione, ma l’amianto compie una strage silenziosa ancora oggi su tutto il territorio italiano, nonostante questo materiale sia stato dichiarato illegale dal 1992. Come riportano i dati diffusi da Wired nella loro inchiesta, ogni anno la fibra killer uccide 8 italiani al giorno, una cifra pari alle vittime delle Torri Gemelle di New York nel 2001, e non si salva nessuna parte d’Italia, giacché l’amianto è diffuso lungo tutto il territorio per miliardi di metri quadrati. E le tanto sbandierate bonifiche sono ancora al palo.
Secondo l’Associazione italiana di oncologia ogni anno 3000 italiani muoiono di mesotelioma pleurico ed altre malattie correlate al contatto con l’amianto, un costo sociale pari a mezzo miliardo di euro l’anno, ed il trend è in crescita. Fino alla fine degli anni Ottanta l’Italia è stata il secondo maggiore produttore europeo di amianto, e prima della definitiva messa al bando ha prodotto 3,7 milioni di tonnellate di questo materiale in forma grezza, importandone un altro 1,8. In base ai dati diffusi dal ministero dell’Ambiente, in Italia vi sono 38mila siti contaminati, di cui oltre 35mila ancora da bonificare: 779 sono stabilimenti attivi o in dismissione, a cui vanno aggiunti 12 siti di interesse nazionale e tristemente noti alle cronache, da Casale Monferrato a Broni in Lombardia, da Bagnoli a Napoli alla Fibronit di Bari, solo per citane alcune. Ma si tratta di una stima parziale poiché mancano i dati di Calabria e Sicilia, in ritardo nel censimento: secondo Wired si va dai 300mila al mezzo milione di siti contaminati, un’enormità che mette in pericolo la salute di milioni di italiani. Lombardia, Piemonte e Liguria hanno il triste primato del record di vittime per amianto, ma picchi di mortalità si registrano in tutte le aree, a Nord come al Sud, in cui si concentrano gli ex stabilimenti, luoghi infernali in cui la condanna della malattia si trasmette anche a chi in quei posti non ha mai messo piede.
Infatti non si ammala solo chi ha lavorato direttamente a contatto con l’amianto, come certificato anche da diversi studi di settore: la fibra killer è lenta ad incubarsi, e dal momento dell’esposizione all’insorgenza del tumore possono trascorrere fino a 40 anni: le piccolissime fibre si conficcano nell’epitelio di pleura, peritoneo e pericardio, ovvero le membrane che rivestono polmoni, addome e cuore, generando un’infiammazione che degenera quasi sempre in tumore. Mesotelioma è il terribile nome che molte comunità italiane hanno imparato a conoscere bene, a cui si aggiunge la beffa di un difficile riconoscimento di certificazione del danno da parte dell’Inail, che finora è avvenuto solo per un terzo delle domande presentate, a causa delle pastoie burocratiche che rendono il percorso risarcitorio lungo e difficoltoso.
Il 2015 potrebbe essere l’anno buono per le bonifiche, essendo stati sbloccati i fondi per i siti di interesse nazionale come Bagnoli, Broni e Bari: ‘Il lavoro per eliminare l’amianto dall’Italia sarà lungo e inevitabilmente minuzioso. Oltre ai fondi per Casale, abbiamo sbloccato i fondi per Bagnoli che riceverà circa cinque milioni e 250mila euro per il 2016 e altrettanti per il 2017. Tra gli altri 60 milioni di euro in tre anni, 19,2 milioni vanno alla Lombardia per Broni, 14 milioni e 600mila euro al Piemonte per Balangero, 13,6 milioni per Emarese, 12 milioni per il sito di Biancavilla in Sicilia, e i 568mila euro per l’area Fibronit di Bari. Per il futuro stiamo pensando ad altri tipi di misure, anche usando la leva fiscale, che facilitino i microinterventi, le migliaia di smaltimenti di pannelli, tettoie, coperture da rimuovere che sono sparse nelle nostre città e nei capannoni delle aziende’, spiega il ministro dell’Ambiente Galletti. Ma in attesa che la macchina diventi operativa, la fotografia attuale è impietosa e desolante: benché fuorilegge da oltre 20 anni, le bonifiche sono al grado zero, la mortalità è in aumento e manca anche un piano per il controllo dei costi sociali ed ambientali. Sul sito Change.org è stata avviata una raccolta di firme #AddioAmianto dove ogni cittadino potrà far sentire la propria voce e chiedere più trasparenza alle istituzioni su questo killer tanto letale quanto ignoto alla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica.
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